Reds |
"Al posto giusto al momento giusto"
Alla voce John Reed (Portland/Oregon 1887 - Mosca
1920) l'Enciclopedia Europea della Garzanti dedica circa 1300 battute
e così conclude "... La grande popolarità della sua
opera e l'intransigenza della sua milizia rivoluzionaria fecero di Reed
il modello per un'intera generazione di intellettuali di sinistra statunitensi".
E il modello continua a valere, a quanto pare, se Warren Beatty ha impegnato
un capitale di circa 40 milioni di dollari per realizzare il suo Reds,
"vita, morte e miracoli" (giornalistici e romantici) dello scrittore
americano. Incarnazione del reporter del grande evento (il motto "al
posto giusto al momento giusto" viene riesumato nel corso del
film, se per caso qualcuno non l'avesse riportato alla memoria da solo),
Reed fu in Messico nel '14 con Villa e Zapata (Messico insorto),
seguì le vicende belliche in Europa durante il primo conflitto mondiale
(La guerra in Europa orientale, 1916) e, avvenimento fondamentale,
prese parte in prima persona alla rivoluzione d'ottobre (I dieci giorni
che sconvolsero il mondo, 1919). Interpretato dallo stesso Beatty, che gli dona una generosa prestanza fisica ed un accorato spessore umano, il John Reed di Reds vive la sua vita giornalistica e culturale con la medesima passione dei propri affetti personali. E il suo legame con Louise Bryant (Diane Keaton) si infervora non solo nelle dotte disquisizioni col loro giro d'amicizie (da Emma Goldman ad Eugene O'Neil), ma pure nella quotidianità di un "matrimonio" ora infantilmente romantico (quei candidi mazzi di gigli) ora brusco ed aggressivo, per le continue interferenze nel privato della professionalità di entrambi (il giornalismo infecondo di lei, quello acclamato ed estraniante di John): risuona spesso, tra le frasi gentili e le promesse d'amore, la battuta laconica di Louise, ammirata ma triste, "il tuo taxi ti aspetta"... Conosciutisi in un'"intervista notturna con caffè", Reed-Bryant diventano una coppia focale nel Greenwich Village dei primi del Novecento, delineato ormai come "centro americano del dissenso". John, cronista partecipe delle lotte sindacali nel New Jersey, litiga col direttore del New Yorker (un calibrato Gene Hackman) per alcuni tagli di mediazione politica ("E' la verità" geme, per bocca di Reed, la tradizione libertaria della stampa americana, mentre fuori dai vetri cade una fitta pioggia dal plumbeo monito) e la tensione si trasporta in una crisi di coppia. Poi a Provincetown, tra il mare, la spiaggia e le recite teatrali con gli amici, torna l'armonia; ma una nuova uscita di lavoro di John vede Louise flirtare con Eugene O'Neil (Jack Nicholson, sempre bravo ma pure schiavo delle proprie smorfie). E' una vita altalenante ma appassionata ("tu ami te stesso, con me fotti" gli rinfaccia Louise), con un amore moderno ed avanguardista (coppia aperta e superiore alla gelosia, almeno teoricamente) ed al contempo languido, tenero come nel più classico dei grandi romanzi ottocenteschi. Arrivano a lasciarsi (lei è in Francia per una fallimentare serie di servizi da Parigi) ma si ritrovano alfine sul treno per Pietrogrado ed ogni esperienza passata, d'amore e di lavoro, si rivela solo il preludio per la grande avventura bolscevica: magicamente legati nel cuore e nello spirito, i coniugi Reed si entusiasmano al canto dell'Intenazionale, vedono la ristrutturazione rivoluzionaria dell'"architetto" Lenin invadere le sale del Palazzo d'inverno, assistono partecipi e… prendono appunti. Rientrati in America, John Reed pubblica il celeberrimo reportage, poi si butta a capofitto nella politica e, nonostante i consigli di Louise ("sei un artista, non andare, non fuggire da quello che fai meglio"), torna in Russia per ricevere dal Comintern il riconoscimento del Partito Comunista Operaio d'America. Viene accolto a braccia aperte, senza però venire compreso nelle sue richieste né aiutato poi a far ritorno in patria ai propri legami personali ("tu hai già un posto sul treno della rivoluzione" taglia corto Zinoviev). E' arrestato dalla polizia finlandese mentre cerca di varcare i confini e resta a lungo nelle loro carceri; libero, ma bloccato ormai in Russia, va a fare comizi nelle regioni del Mar Caspio. Quando è di nuovo a Mosca, trova ad aspettarlo Louise che tra incredibili peripezie è riuscita a raggiungerlo, ma è un abbraccio solo intenso e momentaneo: colpito dal tifo, John passa gli ultimi giorni in ospedale. Morirà nel 1920, a soli 33 anni, e sarà sepolto, unico americano della storia, dentro le mura del Cremlino. Al pianto di Louise (una grande Keaton capace di rendere con credibilità e sentimento tutte le sfaccettature di questa complessa figura femminile) si sovrappongono gli ultimi stralci delle interviste-commento di cui Beatty ha disseminato questa sua opera-seconda (la prima è Il paradiso può attendere, 1978). Sono giudizi sempre molto personali (la testimonianze sono di personaggi reali, più o meno noti - c'è pure lo scrittore Henry Miller), talvolta futili, ma che danno all'insieme una precisione storica, un gusto più nostalgico che decadente (nonostante le rughe e la canizie); spesso impietosi verso la Bryant, in pieno accordo commemorativo invece per Recd, che fin dall'inizio viene definito "una brava persona, uno che lottava per i suoi principi".
e.l. Espressione Giovani luglio-agosto1982 |