Pummarò
di Michele Placido - Italia 1990 - 1h 40'

 

"Sono convinto che l'attualità suggerisca molte idee per un cinema capace di raccontare questa società opulenta e disperata. Nella riflessione sociale la televisione è più avanti del cinema, ma questo ha un'arma in più: la poesia. E la tradizione del cinema italiano ben lo dimostra". Toccato dalla cruenta omertà de La Piovra e dall'esperienza "neorealistica" di Mery per sempre, Michele Placido ha scelto per il suo esordio nella regia temi di forte attualità: l'integrazione sociale degli extracomunitari, il soffuso razzismo dell'Italia del benessere.
Pummarò vede l'odissea di Kwaku, un giovane africano neodiplomato, che percorre la penisola alla ricerca del fratello maggiore, emigrato da tempo, dato per "sistemato" dopo anni di lavoro come raccoglitore di pomodori (da cui il titolo del film). Nello squallore che accompagna la sua ricerca emergono la miseria delle piccole comunità di emarginati (barboni, drogati, neri), la violenza e lo sfruttamento dell'ambiente di lavoro, i rari gesti di umanità delle istituzioni caritative. Pur con qualche debolezza nella struttura narrativa, tra ovvietà e sentimentalismo, il film di Placido riesce a costruirsi una propria sofferta identità: il disagio razziale si configura diversamente da Sud a Nord ma è sempre presente, ora nel rifiuto, ora nell'indifferenza, e l'amaro epilogo natalizio lascia un segno di istintiva credibilità, di partecipe emozione.

e.l. pieghevole LUX (ciclo cinema italiano) - novembte/dicembre 1990