PARDO D'ORO e premio per l’attore Mohammad Bakri al Festival di LOCARNO 2004
da Film Tv (Enrico Magrelli) |
Qual è la posizione giusta, eticamente e politicamente corretta, in cui piazzare la macchina da presa quando inquadra i lembi, i contorni, i danni collaterali, meno noti e molto spesso invisibili, di una guerra? Saverio Costanzo nel suo pregevole ed importante film d’esordio sembra farsi questa domanda in ogni inquadratura, in ogni scavalcamento di campo (da intendere qui non in senso strettamente tecnico, ma il campo è quello culturale e antropologico) e prima di dare ai suoi bravissimi (almeno nella versione originale) attori-persone l’azione e lo stop. La risposta esatta e assiomatica, secondo il regista, non esiste (non è impensabile che non sia mai esistita). È una questione ontologica che richiede un linguaggio fatto di strappi, di reticenze visive, di un uso, sonoro e minaccioso, del fuoricampo, di uno scandaglio concitato e scontornato del tempo della narrazione e del tempo narrato. Il confine di ferro e fluido che divide e insanguina la realtà mediorientale si sposta in una casa isolata che metaforicamente è in un territorio tra gli insediamenti israeliani e un villaggio arabo. Nella casa vive la famiglia di Mohammad, preside di una scuola, uomo colto, appassionato di letteratura inglese, legato, con orgoglio e pazienza, alla sua terra e contrario all’idea di andare via da lì e di ingrossare le fila dei rifugiati. L’irruzione di una pattuglia di soldati israeliani che occupano, per esigenze di sicurezza, il secondo piano dell’abitazione sconvolge e destabilizza la precaria quotidianità della famiglia palestinese e ne logora la dignitosa e fiera resistenza. Il protagonista, la moglie e i figli, reclusi tra una stanza-dormitorio e la cucina, costretti a non muoversi dal piano terra, sono gli interpreti esasperati di una convivenza coatta, di un vicinato sgradevole per tutte e due le parti (anche se c’è una différenza marcata tra chi occupa e chi è occupato), di notti lunghissime e drammatiche e di un incubo che non svaniscono con il sorgere del sole o con un negoziato. |
da Il Corriere della Sera (Tullio Kezich) |
La verità di un film è diversa da quella del Tiggì. Sul video vige la priorità nuda e cruda della cosa vista; sullo schermo è invece necessario mettere in opera talento e fantasia. Private è un film che contrassegna bene la differenza. Il tema è esattamente quello che ci affligge ogni sera assistendo alle riprese provenienti dalle infelici plaghe dove i civili vivono sotto il tallone dei militari, una situazione che scatena reazioni violente; e proprio dalle storie tese dei Territori palestinesi l’esordiente regista Saverio Costanzo ha estratto il suo aneddoto simbolico.... A Saverio Costanzo, figlio del popolare Maurizio passato attraverso esperienze di cinema indipendente americano, è riuscita la quadratura di un cerchio magico: quello che rinserra nella cornice di un «Kammerspiel» uno dei più dolorosi problemi del mondo contemporaneo. Senza la pretesa di fare un film psicologico, le connotazioni personali delle forze in campo prendono rilievo nel contesto e ne determinano le sorti; e non si stenta a credere che nelle pause delle riprese, come ha raccontato il regista, il confronto fra israeliani e palestinesi si prolungasse accanito. Nel quadro problematico di un’opera quanto mai aperta, l’ago della bilancia è rappresentato dal protagonista Bakri, stoico e moderato, vera incarnazione del messaggio pacifista del film. |
da Il Manifesto (Antonello Catacchio) |
Non c'è una
parola in italiano, si parla inglese, ebraico e arabo. Poi gli attori
protagonisti: Mohammad Bakhri, Areen Omari, Hend Ayoub, Tomer Russo, Lior
Miller, nomi di attori famosi in ambito palestinese e israeliano. A
mettere insieme tutto ciò con faccia tosta, coraggio e lucidità un regista
esordiente, Saverio Costanzo. Classe 1975, prima del debutto su grande
schermo aveva già firmato alcune cose in tv e documentarie, tra cui:
Caffè mille luci
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TORRESINO
- febbraio 2005