Ore
10, lezione di totalitarismo. Sai che barba, sbuffano gli studenti, la
solita solfa su nazismo, fascismo e altri ruderi. Come se non sapessimo
già tutto a memoria. Stavolta però non è così semplice. Il professor
Wenger non farà il docente. Farà il dittatore. Un dittatore simpatico,
moderno, giovanile. Uno a cui i ragazzi darebbero retta a occhi chiusi.
Fabio Ferzetti -
Il Messaggero
Niente
a che vedere con l'omonimo movimento degli studenti italiani, nato l'anno
scorso in reazione alla politica scolastica del ministro Gelmini e già
(apparentemente) assopito:
L'onda è una storia immaginaria a forte valenza
di parabola: anche se imparentata con un singolare esperimento messo in
atto, anni fa, in una high School di Palo Alto, California. Il film,
invece, è ambientato nella Germania odierna, in una scuola superiore
qualsiasi di una qualsiasi città. Durante una settimana "a tema", il
professor Reiner Wenger deve gestire un seminario sull'autocrazia.
Comincia con le definizioni ("il regime di un solo uomo o di un gruppo
ristretto che usano un Paese a loro piacimento") poi, per tenere
l'attenzione di un uditorio scettico e distratto, passa alla dimostrazione
pratica. Alla domanda "è possibile che in Germania risorga un fascismo?" i
ragazzi hanno riposto negativamente. Reiner li convince, allora, a
cambiare, per una settimana, i comportamenti abituali: rispetteranno
alcune regole formali ormai in disuso (chiedere la parola, alzarsi in
piedi davanti all'insegnante...), vestiranno tutti alla stessa maniera
(non magliette firmate, ma jeans e camicia bianca), sperimenteranno forme
di collaborazione. Giorno dopo giorno il gruppo, che si è dato il nome di
"Onda", cresce di numero grazie alla defezione degli studenti da altri
seminari, per unirsi a quello di Reiner; si dà un "logo", che compare sui
muri della città, inventa un "saluto" para-nazista. I più fragili, come il
disadattato Tim, che idolatra il professore, prendono a identificarsi
sempre più nel neonato "movimento", emarginando chi non vi aderisce e
scontrandosi con gruppi di "anarchici". La disciplina produce anche
risultati mai raggiunti nella squadra di pallavolo, un tempo fiaccata
dall'individualismo dei singoli giocatori. Fatte le debite proporzioni, le
adunate si fanno "oceaniche"; e lo stesso professore, all'inizio
alternativo e fricchettone, finisce contagiato dal morbo; fino a rendersi
irriconoscibile agli occhi della moglie-collega (invece la preside,
ufficiosamente, approva). Solo due ragazze della classe originaria si
rifiutano di stare al pericoloso gioco. Preceduto da un tv-movie americano
sullo stesso soggetto ("The Wave"),
L'onda è un film coinvolgente sul
piano spettacolare, serio e acuto nel trattamento della materia. Centra in
pieno il nocciolo della genesi dei regimi; più che una precisa ideologia,
dei simboli di appartenenza: un nome, un'uniforme, un simbolo, un saluto
(qui manca solo un inno). Ciò che lo indebolisce un po' è il - come dire?
- contrappasso della (lodevole) intenzione didascalica, che fa scivolare
l'ultima parte verso una sorta di lezione dove il professore ci spiega
quel che è successo (anche senza, tutto risulterebbe chiaro) e verso un
epilogo melodrammatico. Detto ciò il film è duro, efficace e merita
senz'altro la visita.
Roberto Nepoti - La
Repubblica
cinélite
TORRESINO
all'aperto:
giugno-agosto 2009
Dopo
La classe di Cantet arriva un altro
film che cerca, con linguaggio assai meno evoluto ma semplice e immediato,
di capire il presente indagando fra i banchi di scuola. Grande successo in
Germania, anche L'onda nasce da uno spunto autentico, raccontato in un
famoso libro dal suo ideatore. Si tratta dell'esperimento di Palo Alto,
California. Nel 1967 il docente di storia Ron Jones istituì un regime di
ferrea disciplina fra i suoi liceali, per mostrare come era potuto
accadere che un intero paese avesse obbedito ciecamente a Hitler. In pochi
giorni Jones constatò con sgomento che l'obbedienza cieca galvanizzava i
ragazzi innescando derive pericolose, e sospese l'esperimento. Il regista
de L'onda, Dennis Gansel (classe 1973), immagina che qualcosa di simile
accada in un liceo tedesco di oggi, fra ragazzi stufi di sentire prediche
sul nazismo ma pronti a farsi irregimentare da un docente carismatico,
atletico, democratico, uno cui normalmente danno del tu. Che un giorno
decide di provare con loro, e dal vero, cosa significa "autocrazia".
Basta con svacco e individualismo, dunque. In classe si sta composti, ci
si alza per parlare, al docente si dà del lei. Sulle prime sembra un
gioco. Il professor Wenger rimescola posti e ruoli, invita i più bravi ad
aiutare i meno dotati e a non vergognarsi di fare i furbi («Copiate pure,
se così ottenete voti migliori»). Li spinge a coniare slogan e a disegnare
un logo. Estende l'influenza del gruppo a passioni e tempo libero (musica,
pallanuoto), Nasce così "L'onda". A prima vista non c'è un'ideologia, solo
voglia di riconoscersi (in classe ci sono ricchi e poveri, ex-tedeschi
dell'Est, perfino un figlio di immigrati turchi).
Ma l'ideologia più pericolosa è quella che non si dichiara, e l'innocenza
non dura a lungo. Un gruppo deve distinguersi, dunque ecco tutti in divisa
(jeans e camicia bianca cementano il gruppo e cancellano le differenze di
classe), poi arriva il saluto speciale e via degenerando, fra prove di
zelo e ricerca di un'identità spesso minata da famiglie divise, padri
distratti, madri compiacenti. Mentre umore e rendimento dei ragazzi
salgono, e solo poche mosche bianche si tengono alla larga. Fino a quando
la faccenda diventa molto pericolosa...
Tutto un poco squadrato, teutonico, non proprio imprevedibile. Un pizzico
di finezza (di ambiguità) in più non avrebbe guastato. Più che scossi si
esce pensosi. Ma spesso sono proprio i film medi a captare per primi umori
e tensioni latenti.