L'onda (Die Welle)
Dennis Gansel – Germania 2008 - 1h 41'

  Ore 10, lezione di totalitarismo. Sai che barba, sbuffano gli studenti, la solita solfa su nazismo, fascismo e altri ruderi. Come se non sapessimo già tutto a memoria. Stavolta però non è così semplice. Il professor Wenger non farà il docente. Farà il dittatore. Un dittatore simpatico, moderno, giovanile. Uno a cui i ragazzi darebbero retta a occhi chiusi.
Dopo
La classe di Cantet arriva un altro film che cerca, con linguaggio assai meno evoluto ma semplice e immediato, di capire il presente indagando fra i banchi di scuola. Grande successo in Germania, anche L'onda nasce da uno spunto autentico, raccontato in un famoso libro dal suo ideatore. Si tratta dell'esperimento di Palo Alto, California. Nel 1967 il docente di storia Ron Jones istituì un regime di ferrea disciplina fra i suoi liceali, per mostrare come era potuto accadere che un intero paese avesse obbedito ciecamente a Hitler. In pochi giorni Jones constatò con sgomento che l'obbedienza cieca galvanizzava i ragazzi innescando derive pericolose, e sospese l'esperimento. Il regista de L'onda, Dennis Gansel (classe 1973), immagina che qualcosa di simile accada in un liceo tedesco di oggi, fra ragazzi stufi di sentire prediche sul nazismo ma pronti a farsi irregimentare da un docente carismatico, atletico, democratico, uno cui normalmente danno del tu. Che un giorno decide di provare con loro, e dal vero, cosa significa "autocrazia".
Basta con svacco e individualismo, dunque. In classe si sta composti, ci si alza per parlare, al docente si dà del lei. Sulle prime sembra un gioco. Il professor Wenger rimescola posti e ruoli, invita i più bravi ad aiutare i meno dotati e a non vergognarsi di fare i furbi («Copiate pure, se così ottenete voti migliori»). Li spinge a coniare slogan e a disegnare un logo. Estende l'influenza del gruppo a passioni e tempo libero (musica, pallanuoto), Nasce così "L'onda". A prima vista non c'è un'ideologia, solo voglia di riconoscersi (in classe ci sono ricchi e poveri, ex-tedeschi dell'Est, perfino un figlio di immigrati turchi).
Ma l'ideologia più pericolosa è quella che non si dichiara, e l'innocenza non dura a lungo. Un gruppo deve distinguersi, dunque ecco tutti in divisa (jeans e camicia bianca cementano il gruppo e cancellano le differenze di classe), poi arriva il saluto speciale e via degenerando, fra prove di zelo e ricerca di un'identità spesso minata da famiglie divise, padri distratti, madri compiacenti. Mentre umore e rendimento dei ragazzi salgono, e solo poche mosche bianche si tengono alla larga. Fino a quando la faccenda diventa molto pericolosa...
Tutto un poco squadrato, teutonico, non proprio imprevedibile. Un pizzico di finezza (di ambiguità) in più non avrebbe guastato. Più che scossi si esce pensosi. Ma spesso sono proprio i film medi a captare per primi umori e tensioni latenti.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

  Niente a che vedere con l'omonimo movimento degli studenti italiani, nato l'anno scorso in reazione alla politica scolastica del ministro Gelmini e già (apparentemente) assopito: L'onda è una storia immaginaria a forte valenza di parabola: anche se imparentata con un singolare esperimento messo in atto, anni fa, in una high School di Palo Alto, California. Il film, invece, è ambientato nella Germania odierna, in una scuola superiore qualsiasi di una qualsiasi città. Durante una settimana "a tema", il professor Reiner Wenger deve gestire un seminario sull'autocrazia. Comincia con le definizioni ("il regime di un solo uomo o di un gruppo ristretto che usano un Paese a loro piacimento") poi, per tenere l'attenzione di un uditorio scettico e distratto, passa alla dimostrazione pratica. Alla domanda "è possibile che in Germania risorga un fascismo?" i ragazzi hanno riposto negativamente. Reiner li convince, allora, a cambiare, per una settimana, i comportamenti abituali: rispetteranno alcune regole formali ormai in disuso (chiedere la parola, alzarsi in piedi davanti all'insegnante...), vestiranno tutti alla stessa maniera (non magliette firmate, ma jeans e camicia bianca), sperimenteranno forme di collaborazione. Giorno dopo giorno il gruppo, che si è dato il nome di "Onda", cresce di numero grazie alla defezione degli studenti da altri seminari, per unirsi a quello di Reiner; si dà un "logo", che compare sui muri della città, inventa un "saluto" para-nazista. I più fragili, come il disadattato Tim, che idolatra il professore, prendono a identificarsi sempre più nel neonato "movimento", emarginando chi non vi aderisce e scontrandosi con gruppi di "anarchici". La disciplina produce anche risultati mai raggiunti nella squadra di pallavolo, un tempo fiaccata dall'individualismo dei singoli giocatori. Fatte le debite proporzioni, le adunate si fanno "oceaniche"; e lo stesso professore, all'inizio alternativo e fricchettone, finisce contagiato dal morbo; fino a rendersi irriconoscibile agli occhi della moglie-collega (invece la preside, ufficiosamente, approva). Solo due ragazze della classe originaria si rifiutano di stare al pericoloso gioco. Preceduto da un tv-movie americano sullo stesso soggetto ("The Wave"), L'onda è un film coinvolgente sul piano spettacolare, serio e acuto nel trattamento della materia. Centra in pieno il nocciolo della genesi dei regimi; più che una precisa ideologia, dei simboli di appartenenza: un nome, un'uniforme, un simbolo, un saluto (qui manca solo un inno). Ciò che lo indebolisce un po' è il - come dire? - contrappasso della (lodevole) intenzione didascalica, che fa scivolare l'ultima parte verso una sorta di lezione dove il professore ci spiega quel che è successo (anche senza, tutto risulterebbe chiaro) e verso un epilogo melodrammatico. Detto ciò il film è duro, efficace e merita senz'altro la visita.

Roberto Nepoti - La Repubblica

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2009