Marilyn (My Week With Marilyn)
Simon Curtis - Gran Bretagna 2011 - 1h 36'

  Non c’è attrice che non si sia scottata nel tentativo di rifare Marilyn. Perfino una fuori- classe come Theresa Russeil, all’epoca di La signora in bianco di Nicolas Roeg, fallì clamorosamente. Sarà perché il confronto, non solo fisico, risulta sempre ingrato, figuriamoci poi se entrano in campo tristi sosia, come la patetica Suzie Kennedy assoldata da Leonardo Pieraccioni per il devastante Io e Marilyn. Eppure non passa giorno che qualcuno, al cinema o in tv, sulle riviste patinate o nella pubblicità, non provi a catturare il “mistero” di Norma Jeane Mortenson Baker, in arte Marilyn Monroe [...] La sorpresa si chiama Michelle Williams, protagonista di My Week With Marilyn, esordio dei britannico Simon Curtis: film bello e toccante, pure divertente, che restituisce l’aria del tempo e la fragilità sensuale della bionda più celebre della storia del cinema.
Magari pochi ricordano: nel 1957 Marilyn volò a Londra per girare
Il principe e la ballerina di e con Laurence Olivier. Non fu un soggiorno facile. Intimorita dal gigante scecspiriano, già avanti con l'età e deciso a sfondare a Hollywood, la bomba sexy di Quando la moglie è in vacanza faticò a entrare in sintonia con la fiaba sentimentale, di ambiente aristocratico, alquanto stupidina. Il film rievoca l’esperienza dal punto di vista del ventiquattrenne terzo aiuto regista Colin Clark, incarnato da Eddie Redmayne, che poi rivelò la sua fugace “love story” con Marilyn in due diari pubblicati tanti anni dopo.
Non che fosse facile lavorare con lei. Billy Wilder, che nel 1958 l’avrebbe chiamata per l’epocale
A qualcuno piace caldo, confessò: «Un tempo se la convocavi alle nove di mattina compariva regolarmente a mezzogiorno. Adesso la convochi a maggio e si presenta a ottobre». Però aggiunse: «Come lei non ce ne sarà mai un’altra, e Dio sa quante imitatrici ha avuto». Parole sante.
Perfetto nella ricostruzione d’ambiente, con un Kenneth Branagh mirabile nel restituire la senile impazienza/meraviglia di Olivier di fronte al magnetico istinto della star, il film è una piacevole riuscita.

Michele Anselmi - Il Secolo XIX

  ...Dichiariamo d’esserci divertiti e immedesimati grazie a Marilyn (My Week with Marilyn), commedia d’inconfondibili prerogative british che mette in scena, con un riuscito gioco di raccordi ambientali e psicologici, un momento fiabesco della vera fiaba del cinema. Chi apprezzerà l’esordio sul grande schermo dopo tanta tv del regista Simon Curtis, se ne farà una ragione anche perché due nomination per la recitazione all’ultima edizione degli Oscar hanno già tramandato il decisivo jolly del film. In particolare, essendo la trama incentrata su una delle massime icone della nostra epoca, quella attribuita alla protagonista Michelle Williams a dice tutta su come sia stata stravinta una difficile sfida. Inutile tornare, insomma, all’ossessiva tentazione, ricorrente in tutti i tempi e tutte le scene, di far rivivere in qualche modo la Diva per definizione: da Marilyn in poi, sicuramente, diventerà impossibile propone al pubblico l’ennesimo, catastrofico e patetico scimmiottamento. L’attrice «è», infatti, la Monroe, per come rielabora (in Italia supportata dall’ottimo doppiaggio di Chiara Colini) quella disarmante vulnerabilità eroticamente irresistibile che ne illuminò la breve quanto sfolgorante parabola esistenziale e mediatica.
La sceneggiatura ricavata da Adrian Hodges da due libri-verità di Colin Clark si concentra sul memorabile week-end vissuto da quest'ultimo sul set l
ondinese di
Il principe e la ballerina (1956): a 24anni non ancora compiuti, erede di una nobile famiglia, strenuo appassionato della settima arte, si ritrova terzo aiuto ossia fattorino del regista, niente di meno che Laurence Olivier. Il Sir per antonomasia, timoroso d’avere imboccato la strada della decadenza, ingaggia una dura lotta di potere carismatico con la star, portatrice dell’esuberante e spudorato vitalismo hollywoodiano e delle suggestioni del metodo Actor’s Studio, nonostante sia platealmente minata da oscure fragilità autodistruttive. Il ragazzino, abbagliato dal carnale e insieme angelico potere seduttivo dell'allora trentenne Marilyn, sarà il testimone del cruciale impatto tra ere cinematografiche, ma soprattutto vivrà un'imprevedibile, vibrante, indelebile complicità ai limiti dell'appagamento sessuale con il suo (e di milioni di altri) oggetto del desiderio.

Valerio Caprara - Il Mattino

promo

Nel 1957 Marilyn volò a Londra per girare Il principe e la ballerina di e con Laurence Olivier. Non fu un soggiorno facile. Intimorita dal grande attore shakespeariano, già avanti con l'età e deciso a sfondare a Hollywood, la mitica bomba sexy faticò a entrare in sintonia con la commedia-fiaba sentimentale, di ambiente aristocratico. Il film rievoca l’esperienza dal punto di vista del ventiquattrenne terzo aiuto regista Colin Clark,  che poi rivelò, in due diari pubblicati tanti anni dopo, la sua fugace “love story” con Marilyn . Quell’imprevedibile, vibrante, indelebile complicità con il suo (e di milioni di altri) oggetto del desiderio è ben reso dall'esordiente Simon Curtis, ma l'emozione cinematografica è merito soprattutto di Michelle Williams: l’attrice «è» la Monroe, per come rielabora quella disarmante vulnerabilità eroticamente irresistibile che ne illuminò la breve quanto sfolgorante parabola esistenziale e mediatica.


cinélite giardino BARBARIGO: giugno-agosto 2012

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