Madame
Courage è una droga, una sostanza psicotropa che si chiama Artane
e viene venduta in pasticche. È la droga di Omar, un adolescente che
abita in una baraccopoli alla periferia di una caotica metropoli
algerina, sulle rive del Mediterraneo. È coraggio artificiale, quando
quello vero non basta ad Omar per affrontare una vita di stenti,
orfano di padre, maltrattato dalla madre, privo dei mezzi per
prendersi cura della sorella, già avviata sulla strada della
prostituzione. E per procurarsela il ragazzo ruba: è un professionista
dello scippo, specializzato nello strappare catenine dal collo delle
sue vittime e sparire nel nulla. Omar ruba per avere il denaro per
drogarsi, e si droga per avere la forza di sopravvivere.
Questa spirale senza via d'uscita viene interrotta da una delle sue
vittime, Selma, una ragazza che, inconsapevolmente, colpisce la sua
attenzione al punto da spingerlo a restituirle la catenina che le ha
rubato e a seguirla fino a casa, ad attendere per ore che si affacci
al balcone. E così il bisogno della droga lascia il posto ad un
desiderio ancora più impellente, quello di vedere Selma, anche solo da
lontano, anche solo tramite lo schermo di un cellulare, comprato coi
soldi destinati alle pasticche, con cui la fotografa di nascosto
all'uscita della scuola. Omar, chiuso nel suo mondo artificiale, non
fa progetti per il futuro, non si immagina una vita con Selma, si
limita a manifestare il suo sentimento con gesti istintivi, prossimi
allo stalking. "E' un pazzo innocuo" dirà di lui Selma al
fratello, che che teme per la sua sicurezza e allontana il ragazzo con
pesanti minacce. Ma se la fanciulla abbia o meno ragione non ci è dato
di sapere, perché il regista sceglie per un finale aperto.
Merzak Alluache, algerino trapiantato in Francia, con una lunga
carriera alle spalle, torna a narrarci della sua terra d'origine come
aveva già fatto con Les Terrasses,
presentato a Venezia nel 2013. E lo fa per metterci in guardia: in una
nazione che sembra essere toccata solo marginalmente dai tumulti che
travolgono larga parte del mondo arabo, in realtà si annida una piaga
sociale che presto o tardi sfocerà in rivolta. Migliaia di emarginati,
come Omar, costretti a vivere di espedienti, privi di qualsiasi
speranza in un futuro migliore, relegati in un sottomondo di
illegalità e di violenza, sono una minaccia pronta ad esplodere,
nonché un bacino di reclutamento ideale per l'Islamismo radicale.
Per narrare la sua storia Allouache sceglie uno stile ridotto al
minimo. Colpisce innanzitutto l'assenza della colonna sonora. In sua
vece, lo spettatore è sottoposto di continuo ai rumori fastidiosi di
una città bloccata dal traffico: il rombo incessante dei motori, il
suono insistente dei clacson. E poi ancora, lo scoppiettare del
motorino di Omar, le strida dei gabbiani presso la costa dove sorge il
casermone in cui abita Selma. Fino ad arrivare, nei pochi momenti di
silenzio, a sentire il rumore dei passi o il soffio del respiro.
Allouache non inserisce filtri tra lo spettatore e la realtà a cui
assiste. Anche i dialoghi sono quasi inesistenti e alle voci dei
protagonisti se ne sostituiscono altre: quella del Muezzin, che ad ore
prestabilite invade la città invitando alla preghiera, e quella
martellante, da lavaggio del cervello, di un predicatore alla
televisione sempre accesa in casa della madre di Omar. Allouache punta
tutto sul suo protagonista, il giovanissimo Adlane Djiemil. Orecchie a
sventola, denti troppo grandi, viso scavato, sguardo espressivo. Sul
suo volto scorrono emozioni che vanno dalla rabbia alla gioia, al
distaccato sollievo che regala la droga.
"Il vento non mi tocca" dice il ragazzo per rassicurare la
sorella, picchiata a sangue dal suo protettore, prima di uscire di
casa in cerca di vendetta. Ma a sottolineare che la realtà delle cose
è ben diversa da come lui la percepisce, c'è l'immagine più ricorrente
del film: Omar, in sella al suo motorino, col vento che percorre il
suo corpo e fa schioccare la sua felpa grigia, diretto verso il
prossimo colpo, la prossima dose, verso un futuro già scritto.
Madame Courage
è la fotografia di un ragazzo sprecato, no anzi, come suggerisce una
delle scene più toccanti del film, gettato via. Un rifiuto abbandonato
di fianco a un cassonetto da una società destinata a crollare.
|