Lunedì mattina
(Lundi matin)
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Orso d'argento per la miglior regia - BERLINO 2002
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
Vincent, saldatore di mezz'età, è oppresso dalla monotona vita d'ogni giorno: sveglia alle cinque per andare in fabbrica, impegni di routine con la famiglia, nemmeno il tempo di coltivare la sua passione per la pittura. Finché, all'improvviso, l'uomo decide di lasciare la provincia francese e di andarsene a vedere il mondo. Orso d'argento per la regia al Festival di Berlino, Lunedì mattina di Otar Iosseliani è una coproduzione franco-italiana che dura 120 minuti e non ne spreca neppure uno. All'opposto di quel che si dice un film "lento", è un film sulla lentezza: si prende tutto il tempo necessario per osservare ciò che vuole osservare, e per mostrarcelo. Antico e moderno senza contraddizione, Iosseliani mette in scena una storia semplice senza esibizionismi né voglia di stupire, ma con poesia, humour e pacato pessimismo. Nella prima parte, rappresenta mondi in via di estinzione - la campagna, la fabbrica - con un affetto critico che evita gli sconfinamenti nella nostalgia. Ambienti e personaggi sono rappresentati attraverso tocchi di comicità sottile (ciò che Jacques Tati chiamava il "comico di osservazione"): il postino di paese che legge le lettere altrui, il prete che sbircia le belle parrocchiane, gli innamorati che si scambiano "messaggini" non col cellulare, ma per telegrafo. Non mancano le gag di attualità, come il tormentone sul fumo. Scelta la fuga, Vincent si ritrova in una Venezia un po' alla Pane e tulipani, tra vecchi nobiluomini eccentrici (un cammeo del regista), gondole, pittori di strada, borsaioli. Salvo poi rendersi conto che Carlo, il suo nuovo amico italiano, fa il saldatore come lui e, all'alba, lascia quel paradiso artificiale per andare - come lui - in fabbrica.
da Il Giorno (Silvio Danese)
E' un artista, un ricercatore del gusto perduto della vita, l'operaio Vincent, pendolare di industria chimica ma aspirante vagabondo, interpretato dal documentarista Bidou, che gli dà la cadenzata noncuranza dei semplici. Con ironia e senso della vacuità, la giornata di Vincent incomincia dalla scompigliata casetta di paese dove i tempi della fabbrica scandiscono anche quelli dei campi. Accanito fumatore, vive in un mondo dove fumare ormai è come delinquere. Appassionato acquarellista, deve rinunciare per tenere in piedi una casa che va a pezzi, dove tuttavia convivono l'estremo inizio del secolo (una nonnina che usa ancora il telegrafo) e l'estrema sopravvivenzanel nuovo secolo (i figli elettro-amatori che aggiustano il telegrafo). La visita al padre morente, un grottesco vegliardo che fa il tirassegno in casa, lo sprona a partire. A Venezia risalta il gioco peripatetico del film: si unisce a un'allegra combriccola, ubriaco e felice, poi s'imbarca per l'Egitto e torna a casa per un nuovo "lunedì mattina", mentre il figlio più grande vola sulla campagna con un parapendio. Cinema del secolo, in cui Iosseliani riprende nei dettagli Tati e Gremillon. Da vedere, più che da raccontare.
LUX marzo 2002