Last
Night |
da La Repubblica (Irene Bignardi)
Il trattamento più toccante e
più semplice delle paure bimillenaristiche ci arriva dal Canada,
con Last Night, che segna il debutto nella regia
di Don McKellar, un attore amico di David Cronenberg (che dà
vita a un personaggio sorprendentemente umano) e di Atom Egoyan
(la cui moglie, Arsinée Khanjian, si presta per il cammeo di una
donna angosciata). Un debutto notevole: il film, soggetto a
parte, s'iscrive in un cinema tradizionale, di buona classica
fattura. Ma la sorpresa e la qualità speciale del film vengono
dal copione - scritto dallo stesso regista - dalla conduzione
degli attori e da un'attenzione ai dettagli che fa della fantasia
apocalittica sulla fine del mondo alla mezzanotte del 31 dicembre
1999 uno specchio di autentici sentimenti quotidiani. Credo che
tutti, almeno una volta, per scherzo e per angoscia, si siano
chiesti che cosa vorrebbero fare e con chi vorrebbero essere
nelle ultime ore prima della fine del mondo - e in quella
fantasia si può individuare il ritratto di una personalità. Su
questa idea è organizzato il film di Mc Kellar, che racconta le
ultime sei ore del mondo a Toronto.
Mentre la luce non accenna a scomparire (è una delle belle
invenzioni del film) ciascuno si muove secondo le proprie
convinzioni o pulsioni più profonde. La folla impazza per le
strade facendo piccoli vandalismi. I supermercati sono vuoti. I
genitori di Patrick - interpretato da McKellar - vorrebbero che
tutta la famiglia fosse riunita al momento cruciale, in una sorta
di rituale lungo pranzo di Natale. Patrick, che ha un suo
profondo dolore nascosto, annuncia invece che in quel momento
vuole essere solo. La sua sorellina adolescente e il suo
boyfriend vogliono essere in piazza, con gli altri. L'amico
Craig, in gara con il tempo, vuole arrivare alla fine del mondo
dopo aver sperimentato tutte le sue fantasie erotiche, compresa
quella di portarsi a letto la sua ex professoressa di francese
(scelta comprensibile, è Geneviève Bujold in un piccolo ruolo
toccante). Sandra - una bravissima attrice di origine orientale,
Sandra Oh - cerca disperatamente e inutilmente di tornare a casa
dall'altra parte della città perché ha fatto con il marito il
patto di togliersi la vita insieme. Il marito (David Cronenberg),
un dirigente della società del gas, cerca di fare fino in fondo
il suo dovere e di contrastare il disordine che monta,
continuando a garantire il servizio.
È forse vero, come ha scritto qualcuno, che la visione del caos
della fine del mondo secondo McKellar è profondamente borghese e
canadese. Dimentichiamo il "canadese": i molto canadesi
Egoyan o Cronenberg avrebbero certo fatto un film molto più
viscerale e visionario. Quanto al borghese, lo è tutta - o quasi
- la nostra civiltà occidentale. Ma è proprio nella sua
normalità "borghese", nell'assenza di astronavi,
mostri ed eccessi, nei riconoscibili modelli psicologici di
un'umanità comune, che Last Night riesce a
toccare la sensibilità dello spettatore e a produrre la
"sospensione dell'incredulità": l'apocalisse
annunciata di McKellar assomiglia molto alla paura della morte.
Grazie al cielo la fine del mondo per ora non ci sarà (a meno di
imprevedibili disastri da Millennium Bug). Ma si esce da Last
Night con la strana voglia di ripensare alla propria
condizione e alle proprie scelte.