da Corriere della Sera (Tullio Kezich) |
Un congresso carnale in camporella fra Ludivine Sagnier tutta nuda e l'ingrugnato Robinson Stévenin: si può immaginare un inizio meno alla Cechov per un film come La petite Lili, che vuol essere un moderno rifacimento de Il Gabbiano? Qualcuno dirà: se Il Gabbiano è davvero il capolavoro che ha cambiato il teatro, perché metterci le mani? La risposta è semplice: perché gli oltre cent'anni trascorsi dalla storica «prima» sono stati riempiti da continue riscritture del copione che sono anche una forma di appropriazione amorosa. La cornice non è dissimile da quella originale e i personaggi sono gli stessi. Il dramma che Robinson fa recitare a Ludivine diventa un video amatoriale, ma il fiasco della presentazione in famiglia è uguale. La più critica è la madre dell'autore (qui Nicole Garcia diva del cinema), mentre il suo amante Bernard Giraudeau (cineasta anziché scrittore) sembra conciliante verso il giovane che lo odia. Lo scontro generazionale diventa un episodio della guerra delle nuove ondate contro il cinema di papà. Ludivine (alias Lili) fugge a Parigi con Giraudeau, dove la ritroveremo dopo anni inserita nell'ambiente. A questo punto il regista Claude Miller abbandona Cechov e inventa in libertà: scampato a un tentativo di suicidio, il protagonista dalla dolorosa esperienza sta per trarre un film in cui quasi tutti faranno la parte di se stessi... Di Cechov resta - e non è poco - quel conflitto sordo tra giovinezza ed esperienza vissuta, passione e scetticismo, speranza e rassegnazione che è la vera sostanza di tutta la vicenda. Una stimolante variazione sul tema. |
i giovedì del cinema invisibile TORRESINO aprile-giugno 2004