Io
ballo da sola (Stealing
Beauty) |
Bertolucci o dell'ostentazione. L'enorme successo
di critica e pubblico che sta accompagnando l'uscita italiana di Io
ballo da sola rischia di consacrare a film-evento una nuova maxi-esibizione
d'autore, cresciuta con complice entusiasmo promozionale di stampa (il
maestro che torna alle "piccole cose" della sua terra) e censura
(gli spot inibiti in prima serata televisiva). Il tocco delicato, il
respiro lieve di un diario intimo per immagini costituiscono il look
critico che accompagna l'esplosione dei consensi attorno a questa storia
garbatamente morbosa, che concentra attenzione e sguardi (dei personaggi,
del regista, del pubblico) sulla sulfurea bellezza, sulla sensualità
giovanile di Lucy. Il suo approdare sulle colline senesi è frutto di
un intrigante caleidoscopio di motivazioni: una vacanza tra gli amici
di famiglia, il posare come modella per una statua, un'indagine sull'identità
del proprio padre naturale, il ritrovarsi con un ragazzo italiano che
l'ha baciata quattro anni prima... ![]() E' sintomatico comunque come l'aura del racconto iniziatico-virginale abbia come non mai toccato nel vivo un pubblico plurigenerazionale, ma tra sguardi estatico-sensuali e pose marmoree-estetizzanti, tra Billie Holiday e Mozart, tra incerti pruriti post-adolescenziali e passioni adulte mai sopite, Io Ballo da sola ha il sapore melenso di una Dallas degli spiriti colti, arroccata tra le colline toscane anzichè tra i pozzi petroliferi del Texas, ma ancora una volta elitaria e vacua, paternalistica e autocompiaciuta. e.l. (perTerza Pagina - maggio 1996) |