Hollywood Ending
Woody Allen - USA 2002 - 2h


da La Repubblica (Roberto Nepoti)

        E' almeno dai tempi di Stardust Memories, cioè dal 1980, che Woody Allen paga lo scotto dei suoi film migliori: in nome dei quali i meno riusciti vengono accolti dai fan con una severità esagerata ("come sono crudeli quelli che ci amano", diceva Apollinaire), quasi rappresentassero un tradimento personale. Sta andando così per Hollywood Ending, maltrattato Oltreoceano e accolto con una certa freddezza anche all'ultimo festival di Cannes. D'accordo, non si tratta di un capolavoro; tuttavia alcune scene sono di prima mano, le battute funzionano a dovere e non corri mai il rischio di annoiarti. Poco per Woody, si obietterà, ma di quanti potremmo dire altrettanto?Interpretando Val Vaxman, antico regista di successo in fase declinante, Allen si propone come un concentrato delle sue leggendarie ipocondrie, fobie, nevrosi. Supera se stesso, anzi: perché questa volta somatizza fino alla cecità, in una versione comica dell'angoscia cinematografica teorizzata, un tempo, da Cesare Musatti. Soltanto che, nel caso, il poveretto sta dirigendo "a occhi chiusi" un film dal quale dipendono le sue speranze di rifarsi una verginità cinematografica; si aggiunga che la sua ex-moglie Ellie (Tea Leoni), di cui è ancora innamorato, lo produce e che il direttore dello studio hollywoodiano, Hal (Treat Williams), è l'uomo per il quale Ellie lo ha lasciato. Come sceneggiatore e dialoghista, Allen si diverte a ridicolizzare l'ambiente del cinema a grosso budget: ci mette il direttore della fotografia cinese (oggi di moda a Hollywood), lo scenografo megalomane, l'attrice che vuol sedurre il regista, l'agente; ma lo fa con un'insolita bonomia, come chi non voglia sparare sulla croce rossa. Più caustico il finale, con una stilettata alla critica europea che trasforma in capolavoro il "bidone" (chi è il vero cieco?). A conti fatti, questa volta Allen non ha voluto realizzare altro che una commedia divertente. La struttura della messa in scena è semplice, senza pretese; impostata soprattutto su scene lunghe al servizio del talento comico dell'Allen attore, in ottima forma sia nella variante verbale (la scena in cui Val alterna, senza soluzione di continuità, il discorso sul lavoro con una scenata di gelosia alla ex-moglie), sia nella variante gestuale, quasi slapstick (quella in cui il regista non deve far capire al rivale di essere cieco).

TORRESINO - novembre 2002