Il
detective Philip Marlowe (Humphrey Bogart) è assunto dal generale
Sternwood per scoprire chi ricatta la figlia minore Carmen (Martha Vickers)
per i suoi debiti di gioco: ma il caso diventa più complesso quando
viene coinvolta anche la figlia maggiore Vivian (Lauren Bacall, all’epoca
fidanzata con Bogart), il cui marito è scomparso nel nulla e che si
innamora del detective.
Dal romanzo omonimo di Raymond Chandler un classico del
noir
dove Hawks costruisce un’atmosfera morbosa di complotto e seduzione che
non ha uguali nella storia del genere, mentre Bogart ci lascia la più
memorabile delle incarnazioni di Marlowe, «in perpetuo disequilibrio tra
il suo idealismo morale e il suo realismo di uomo d’azione». L’unico
difetto del film è che la trama è così complicata che gli stessi
interpreti si lamentarono di non capire di cosa trattasse, ma è un difetto
che finisce per trasformare Il grande sonno in un film di momenti e di
personaggi destinati a restare nella memoria dello spettatore. Memorabili
i dialoghi di William Faulkner e Leight Brackett (Marlowe:
«Così
tante pistole in giro per la città e così pochi cervelli!»)e
n otevoli la fotografia di Sidney Hickox e la colonna sonora di Max
Steiner...
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Il grande sonno,
quintessenza dell’hard-boiled detective, può essere considerato un film
svolta nella storia del cinema nero, per la presenza dominante di cinismo
e l’esplicito riferimento a elementi sessuali, aspetto questo già
sottolineato nel 1955 dai critici francesi Raymond Borde ed Etienne
Chaumeton, nel fondamentale saggio Panorama du film noir américain.
Al centro del plot è Humphrey Bogart in un’interpretazione divenuta
archetepica, quella di Philip Marlowe, l‘investigatore privato nato dalla
penna di Raymond Chandler e già interpretato da Dick Powell in
L’ombra del passato (Edward Dimytryk,
1945). Una realtà frammentaria e labirintica si presenta al detective,
incaricato dal generale Sternwood di scoprire chi ricatta la figlia
minore, Carmen ( Martha Vickers). Infatti, man mano che Marlowe indaga, la
faccenda si complica, a partire dall’entrata in scena d Vivian (Lauren
Bacall), sorella maggiore di Carmen che si innamora di lui. Lo spettatore
assiste a sequenze che si susseguono come quadri, compiuti in sé, a tratti
anche incomprensibili, mentre la ragnatela di motivazioni, menzogne e
inganni della vicenda complessiva diventa puro sfondo per i memorabili
dialoghi inscenati dalle icone Bogart-Bacall. D'altronde, secondo Raymond
Chandler: “L'episodio prevale sulla trama, e si giudica buon intreccio
quello che permette buone scene”. Il film, girato quasi tutto in
interni, a differenza di classici scenari metropolitani tipici di
moltissimi noir dell’epoca, risulta dal punto di vista narrativa
l’equivalente filmico del romanzo.
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