Un
barbiere ebreo (Chaplin), reduce della prima guerra mondiale, dimesso
dall'ospedale trova la sua Tomania sotto la dittatura di Adenoid Hynkel (Chaplin).
Mentre questi sogna di conquistare il mondo, il barbiere finisce
prigioniero in un lager. Ma, grazie alla sua somiglianza col dittatore, si
sostituisce a quest'ultimo e, anziché pronunciare il previsto discorso per
l'invasione dell'Ostria, rivolge un appello alla pace universale.
In pieno tempo di guerra, ma prima dell'intervento Usa, Chaplin prende di
mira le dittature europee e ribadisce la sua ideologia umanitaria e
pacifista. Il suo Hynkel-Hitler puerile e vanitoso che danza col
mappamondo e una caricatura perfetta, e lo stesso vale per il
Napaloni-Mussolini. In seguito, tuttavia, Chaplin dichiarò che, se allora
avesse saputo cosa succedeva veramente agli ebrei, non se la sarebbe
sentita di girare una farsa. Per la prima volta Chaplin usa la parola:
efficacissimi i farfugliamenti di Hynkel, più discutibile - ma solo dal
punto di vista del linguaggio cinematografico - la lunga
perorazione
finale (sei minuti). L'impasto di patetico e comico a volte è meno
riuscito che nei capolavori precedenti, ma il successo presso il pubblico
americano compensò Chaplin dal parziale fiasco di
Tempi moderni. |