Garage Olimpo
- emozionante, duro, rigoroso - è arrivato lo scorso maggio nel panorama
di Cannes a confermare le qualità di un cineasta molto speciale portandosi
dietro tutta la forza di una terribile esperienza collettiva che il film
rivisita attraverso una storia individuale. La storia raccontata dal film
di Marco Bechis, quella che lui ha vissuto da studente a Buenos Aires e da
cui è fortunatamente e fortunosamente uscito, è quella di trentamila
ragazzi scomparsi per mano dei militari argentini nei tragici anni dei
desaparecidos. Il suo carcere si chiamava Club Atletico anziché Garage
Olimpo, il finale, per fortuna, è diverso. Ma che sia una esperienza vera,
vissuta in prima persona, lo si sente, nel trattamento semplice, austero,
severo della vicenda, scritto da Bechis assieme a Laura Fremder. Anche se,
mettendo al centro della vicenda un personaggio femminile e costruendo un
singolare rapporto a due, Bechis attiva un meccanismo appena più
romanzesco. (...) La bravura di Bechis sta nel condurre il suo Kammerspiel
- che si apre nel finale a un'immagine sconvolgente del Rio della Plata -
con straordinario pudore, senza mai cedere in rigore ai risvolti
romanzeschi di film anche molto belli come La storia ufficiale o La morte
e la fanciulla, giocando sulla normalità perversa della situazione, sulla
routine della prigionia, sulla impiegatizia, irresponsabile banalità del
male, innescando, in questa normalità, un'identificazione che ci costringe
a ricordare degli orrori troppo presto messi in un angolo della memoria.
Irene Bignardi -
La Repubblica