Gianni Rodari è ormai noto a tutti nell'ambito
della letteratura per l'infanzia, ma non sappiamo a quanti il nome di Paolo
Cardoni dica qualcosa. Eppure si tratta di uno dei più delicati
e suggestivi illustratori italiani (memorabili le sue biografie di Einstein
e Mozart per la Emme Edizioni) e l'abbinamento di due autori del genere
per la realizzazione del nuovo lungometraggio italiano a cartoni animati,
La Freccia Azzurra, costituiva uno degli appuntamenti di rilievo,
tra gli addetti ai lavori, a questo 53° festival veneziano. E il risultato è
sicuramente degno delle aspettative. La visione pubblica al Palagalileo
è stata un piccolo evento perché, contrariamente ai regolamenti
della mostra, per l'occasione è stato ammesso uno stuolo di bambini,
tutti schierati nelle prime file, con addosso le magliette del film distribuite
dalla produzione. E quando la proiezione ha avuto inizio l'atmosfera che
si è creata è stata subito quella giusta, con i ragazzini
a vociare sempre più sommessamente mentre le immagini andavano illuminando
lo schermo e la fiaba aveva inizio: "Nella notte di Natale, Babbo
Natale porta i doni a tutti i bimbi del mondo. Ma i bambini più
fortunati sono quelli italiani, perché in Italia la notte dell'Epifania
ricevono altri regali...".
La prima amabile caratteristica della pellicola diretta da Enzo D'Alò
è proprio un disincantato nazionalismo. Non ci sono i soliti tributi
alle grandi fiabe classiche francesi o nordiche, ma temi ed ambientazioni
tutti nostrani ed una finezza nel racconto e nel tocco davvero sorprendenti.
Il motore della storia è semplice e la vicenda cresce con naturale
dolcezza: davanti alla bottega della Befana i bambini si affollano per
scegliere i regali da scrivere sulla loro lettera. Il piccolo Francesco,
povero e orfano di padre (aiuta la famiglia lavorando come maschera in
un cinema!), ha un unico desiderio, uno splendido trenino, la Freccia
Azzurra. Ma molti dei desideri dei bambini sono destinati ad essere disillusi.
L'avido Scarafoni, assistente della Befana, cerca di avvelenarla e specula
sulla situazione costringendo i genitori a pagare per soddisfare le richieste
dei figli. Così proprio i giocattoli, la notte della Befana, decidono
di darsi da fare e, fuggiti dal negozio, si mettono in marcia sotto la
neve per andare a regalarsi ai bambini della città... In novanta
minuti di proiezione le situazioni si evolvono e si arricchiscono, ma
il centro della vicenda restano loro la Befana e Scarafoni, Francesco
e gli intrepidi giocattoli. Si può trovare una minima analogia
con Toy Story, ma l'ispirazione
ne è ben lontana, sia perché la lavorazione del
film è
iniziata due anni e mezzo fa (e il testo di Rodari è precedente)
sia perché le atmosfere hanno una soave pacatezza, davvero agli
antipodi rispetto all'attivismo frenetico della pellicola di John Lasseter.
E se la tecnica d'animazione della Freccia Azzurra non arriva alla
complessa perfezione degli anni d'oro Disney, ha in ogni caso una "rotondità"
grafica che la tiene lontana dal deprimente standard televisivo giapponese.
Con i colori pastellati, le scenografie ammorbidite dalla bianco paesaggio
innevato, l'accattivante accompagnamento musicale di Paolo Conte, l'opera
di D'Alò ha un soft-touch d'altri tempi e riporta il cartone animato
ad una serenità narrativa inusitata. Davvero una piacevole sorpresa.
Se la Mostra e i media avessero puntato a valorizzarlo di più,
anziché perdersi dietro alle squallido can-can di
Bambola,
l'addio di Pontecorvo ne avrebbe guadagnato in immagine.
ezio leoni -
La Difesa del Popolo
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15 settembre 1996 |