Frantz
Francòis Ozon - Francia/Germania 2016 - 1h 53’

VENEZIA 7 PREMIO MARCELLO MASTROIANNI - attrice emergente



     Frantz di Francois Ozonfilm precedente in archivio è un’opera ricca, stratificata, che continua a parlare a lungo allo spettatore dopo la visione.
Siamo in Germania nel 1919, al termine della Prima guerra mondiale. Anna, che ha perduto nel conflitto il fidanzato Frantz, incontra presso la tomba di questi un giovane francese, Adrien, commosso visitatore. La presenza di Adrien porterà la famiglia di Frantz e l’intera comunità a fare i conti con ciò che ha perduto e a riflettere sul suo senso. Anna in particolare dovrà scegliere se rimanere ancorata al passato o cambiare per sopravvivere.

La storia è tratta da una piece teatrale ( già romanzo ) di Maurice Rostand , che era stata adattata per lo schermo da Ernst Lubitsch nel 1932 col titolo di Broken Lullaby. Da Lubitsch Ozon trae soprattutto la capacità di farci guardare alla guerra da punti di vista anomali, stranianti, e quindi rivelatori. La riflessione del padre di Frantz sulla retorica della guerra svelata come paradossale momento in cui i genitori gioiscono mandando a morire i propri figli rimane forte e attuale.
Il pacifismo è però solo il primo tema del film. Rispetto al modello Ozon sposta il punto di vista e la focalizzazione sul personaggio di Anna, mantenendo così viva per lungo tempo l’ambiguità sul senso della visita di Adrien. La scoperta della verità poi apre la strada all’evoluzione del personaggio femminile e permette al regista di sviluppare una variante del tema della verità, a lui tanto caro. Tacere la verità, mantenere il segreto, alimentarlo, costruire consapevolmente una realtà parallela, permette alla protagonista di passare dalla trasparenza all’ambiguità, dalla semplicità alla complessità, in altre parole di crescere. Anna mette a fuoco che fermarsi equivale a morire e si evolve, fiorisce.


Spazio e attenzione sono dati dunque al personaggio femminile, affidato al volto nuovo di Paula Beer, premiata con il Premio Marcello Mastroianni per la migliore attrice emergente. Il film però deve molto alla straordinaria interpretazione di Pierre Niney nel ruolo di Adrien: è sulla sua capacità di trasmettere impercettibilmente una sensibilità eccessiva, turbata, quasi febbricitante, che si regge la tensione di tutta la prima parte del film. E sulla sua bellezza ambigua e turbata sono costruite le inquadrature più significative, illuminate da un bianco e nero elegantissimo ma anche attento a rivelare i moti dell’animo. L’ambiguità che caratterizza il personaggio si svela pian piano dovuta alla sua colpa , ma non per questo si risolve. Il regista ci invia segnali di una ambiguità più profonda, di una “colpa” più profonda, di cui il protagonista non riesce a prendere consapevolezza. In questo senso Ozon utilizza il gioco tra bianco e nero e colore, in questo senso è rivelatrice l’immagine finale.

Licia Miolo - novembre 2016 - pubblicato su MCmagazine 41