Fine
di una storia (The
End of an Affair) |
da FilmTv (Enrico Magrelli)
Le storie possono finire, l'amore di una
vita, nei casi più fortunati o disperati (dipende), non vuole
finire mai. Torna, mimetizzato e silenzioso, nei gesti, nelle
gocce di pioggia, nelle parole, negli sguardi, nei gemiti e in
quelle attese rivissute nella memoria con dolce e necessaria
monotonia. Maurice Bendrix (Ralph Fiennes) si mette alla macchina
da scrivere e pesta sui tasti per elaborare, con un "diario
di odio", di gelosia, di scetticismo religioso, di
malinconia e di nostalgia rabbiosa, il lutto, la passione e il
disamore per Sarah (Julianne Moore moglie infelice di Henry
(Stephen Rea). Il tempo dei ricordi e della scrittura della
scrittura del romanziere è una scatola ad incastri, un labirinto
di specchi dove il presente sconfina nel passato e un luogo e un
suono che appartengono a stagioni diverse si sovrappongono, si
identificano, si confondono nella zona franca dell'anima e dei
suoi desideri.
I tre protagonisti sono inquieti prima della tempesta (di bombe)
che si abbatterà sulla Gran Bretagna negli anni della Seconda
guerra mondiale. Maurice e Sarah si amano con abbandono, con la
sfrontatezza e con la tenerezza degli amanti. I baci e gli
abbracci rubati, mentre Londra si sgretola, hanno il sapore
incerto di un'eternità incompiuta. Resa infelice da Maurice che
vorrebbe sottrarre Sarah a suo marito, alle sue scarpe, alle sue
calze, a tutto quello che le può stare vicino più di quanto
possa egli stesso. «Gli amanti sono gelosi, i mariti sono
ridicoli»: lo scrittore chiede ossessivamente alla donna di
non essere lasciato, di essere amato anche ogni domani della sua
vita. Ma un rivale inatteso, Dio, la allontanerà, a causa di un
voto, da lui e la porterà nell'unico posto, dove, come dice il
detective (Ian Hart) assunto per seguire Sarah, «il passato
è passato per sempre». Tratto da uno dei capolavori di
Graham Greene, La fine dell'avventura, interpretato da un
cast magnifico e perfetto in tutti i ruoli, il film è un
melodramma emozionante e densissimo. Impossibilità amorosa,
infelicità esistenziale, filosofia morale e tormento religioso
sono alcuni dei fantasmi messi in scena da Neil Jordan con uno
stile impeccabile
da L'Unità (Michele Anselmi)
«Ti odio, Dio, come se esistessi».
La celebre invettiva di Graham Greene, scrittore inglese (
cattolico irregolare) torna nel sottofinale di Fine di una
storia, e ne illumina la complessità. Perché il nuovo film di
Nei] Jordan non è solo il resoconto di una romantica love-story
ambientata a Londra negli anni della Seconda guerra mondiale, ma
ripropone in forma di cinema - il miglior cinema - lo scorticato
mondo interiore del romanziere di Il potere e la gloria, il suo
rapporto contraddittorio con la religione. C'è sempre da temere
il peggio quando si comincia con uno scrittore che beve un
bicchiere di whisky e inserisce un foglio bianco nel rullo della
macchina per scrivere, e Fine di una storia parte proprio
così. Ma poi il regista di La
moglie del soldato - sulla
falsariga del romanzo autobiografico La fine dell'avventura,
già tradotto per lo schermo da Edward Dmytryk nel 1955, Van
Johnson, Deborah Kerr e John Mills protagonisti - confeziona
forse il suo film più appassionante. Classico
nell'ambientazione, eppure moderno nella struttura, nel
linguaggio, nell'andirivieni temporale che definisce via,
moltiplicando e integrando i punti di vista, la sostanza.
dell'affair sentimentale.
L'americana Catherine Walston, realmente amata da Graham Greene,
diventa qui Sarah, donna passionale intrappolato in un matrimonio
infelice col facoltoso funzionario pubblico Henry Miles. Siamo
nel 1939, alla Vigilia della guerra. La donna s'invaghisce del
giovane scrittore Maurice Bendrix e di lì a poco dividerà con
lui, mentre cadono le prime V-1 tedesche su Londra, un amore
caldo e passionale. Una bomba squarcia la casa dove i due si
rintanano per fare l'amore: lui sembra morto, lei, che non è
credente, prega Dio affinché lo salvi, in cambio troncherà il
rapporto. In effetti Maurice «resuscita», e dopo di allora non
la vedrà più. Due anni dopo il caso fa reincontare i due
uomini: Henry sospetta che lei abbia un amante, vorrebbe
ingaggiare un detective per sapere la verità ma si vergogna di
farlo, e così tocca a Maurice di.... Non che sia un mystery, ma Fine
di una storia sfodera una dimensione «gialla», da giallo
dei sentimenti, che Jordan restituisce benissimo, sia
nell'evocazione di quei lividi anni Quaranta, sia nella
rappresentazione dei legami sentimentali in gioco, dove irrompe
la gelosia ma anche una quieta cognizione del dolore. Basterebbe
il personaggio del maldestro/pietoso investigatore - cui il Ian
Hart di Terra e libertà conferisce uno spessore particolare -
per apprezzare questo film palpitante e severo che agisce sotto
pelle, evocando una spiritualità sofferta, forse senza sposte.
Destinatario di due candidature all'Oscar e vittima di un
ridicolo divieto ai minori di 14 anni per via di alcune intense
scene d'amore (in Inghilterra la censura ha fatto di peggio), Fine
di una storia si impone per la vibrante prova dei tre
interpreti, che sono Ralph Fiennes (Maurice), Julianne Moore
(Sarah) e Stephen Rea (Henry). Non danno mai l'idea di essere
«in costume», e questo fa la differenza con tanto cinema
italiano.
da Sette (Claudio Carabba)
Due impazienti inglesi si amano perdutamente nella Londra di guerra. Lui è uno scrittore ambizioso; lei è sposata senza passione a un gelido marito. Si perderanno, per il vizio della gelosia, e si ritroveranno forse troppo tardi. Tratto da un romanzo autobiografico di Graham Greene (se mi posso permettere, un narratore discontinuo) la fine di una storia è girato con solenne eleganza da Neil Jordan. Ma sono solo svolazzi e calligrafia. Anzi, la classe del regista fa arrabbiare di più. Il film, volgarmente criticando, è una terribile polpetta. Accanto al pessimo Ralph Fiennes, Julianne Moore geme e sospira. La danno favorita all'oscar: spero proprio che perda.
scheda
CGS marzo 2000
[TORRESINO]