Evita
Alan Parker - USA 1996 - 2h 25'

  

      Il cinema delle feste richiede un'errata corrige: avevamo sottovalutato Evita. O almeno non avevamo creduto che un musical a pieno titolo, basato su una commedia teatrale da noi poco conosciuta e distribuito in versione originale sottotitolata, riuscisse a smuovere l'interesse del pubblico. Invece, almeno a guardare i primi passi al botteghino, il successo è travolgente. E, possiamo dire, in gran parte meritato. L'incipit di Evita è folgorante: la notizia della morte di Eva Peron arriva ad ammutolire gli spettatori di un cinema di Buenos Aires - la città si raduna in lacrime ai solenni funerali di stato - Antonio Banderas si rivolge alla macchina da presa e intona un canzone che cerca di ridimensionare il mito della first lady, mentre a tutto schermo (e a tutto volume) esplodono le note struggenti di Don't cry for me Argentina... Certo non tutto il film (oltre due ore) è all'altezza del suo inizio, ma ci sono grandi momenti di musica e cinema (quelli del "balcone" con la ripresa di Don't cry, ma non solo), alcuni brani musicali davvero pregevoli (a firma Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, già compositore di Jesus Christ Superstar), un'ambizione didascalico-politica che riesce a non sfilacciarsi, ma che incuriosisce argomentando con un non banale costrutto narrativo. La storia di Evita (Eva Duarte in Peron) non è poi così nota, specie nel suo profondo legame con la storia argentina, e la figura che dal film ne esce è sufficientemente coerente con l'evolversi di mito e realtà che l'ha accompagnata. Donna "perduta" che non ha remore pur di far carriera, modella di fascino ed attrice mediocre, Eva trova in Peron l'alter-ego per un'esistenza sopra le righe, luminosa nell'apparire, populistica nell'essere, con una demagogia fatta anche di concretezze politiche, ma più proiettata a regalare al popolo momenti magici di fugace benessere che una vera prospettiva di riscatto sociale. In Evita tutto questo traspare senza ipocrisie, si concede, compiaciuto, alla sinuosità del musical, anche se la struttura del racconto filmico ne depaupera in parte l'afflato partecipativo che l'originaria stesura teatrale poteva concedergli. Sullo schermo ciò che si guadagna nella grandiosità della messa in scena (un budget di circa sessanta milioni di dollari) si perde ed esempio nell'irrisolutezza del sofferto logorio fisico di Evita, il montaggio forse vira troppo al video-clip, e si potrebbe cavillare che i tagli di luce sanno spesso di lezioso, le parate militari hanno l'incedere di The Wall... In fondo Alan Parker è un regista affermatosi proprio con i film-musical (prima di Pink Floyd-The Wall, Piccoli gangster e Saranno famosi), ma globalmente non eccelso e il risultato di questa sua ultima fatica è da considerarsi ottimale: è un vero piacere seguire le canzoni originali sottotitolate, Madonna è ambiguamente in parte (si potrebbe ironizzare su certe affinità della sua carriera artistica, dell'odio-amore che pubblico e massmedia le riservano...) e, come vera sorpresa scenica, c'è un accattivante Banderas che regge con disinvoltura il ruolo di guida-narrante, rivelando una voce sorprendente, perfetta in timbro e intonazione. Ma quanti spettatori avranno percepito che il suo personaggio incarna il mitico Ernesto Che Guevara?

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  5 gennaio 1997