Equals
Drake Doremus - USA 2015 - 1h 41'

VENEZIA 72 - Concorso

    Tra i film presentati quest’anno in concorso un cenno particuliér lo merita di certo Equals, scritto e sceneggiato da Nathan Parker e diretto dal regista californiano, classe 1983, Drake Doremus, prodotto, tra gli altri, da Sir Ridley Scott e dalla casa che aveva fondato col compianto fratello Tony. Kristen Stewart, Nicholas Hoult, Guy Pearce e Jacki Weaver, son attori tutti di notevole spessore, a onor del vero, ma non riescono a dare alla pellicola un’aria completamente ‘sopportabile’.
Equals è ambientato in un mondo futuro/futuribile, il protagonista è il giovane Silas (Nicholas Hoult) che vive in una società chiamata The Collective. Gli abitanti di questo mondo moderno sono una nuova razza umana nota come Equals "gli Eguali o, meglio, gli Equivalenti, letteralmente”.

Gli Equals sono apparentemente calmi, imparziali e la vita nel loro mondo è perfetta, difficile da capire per esseri che, come noi, son abituati a vivere di sentimenti, di soprassalti, di turbamenti, pur se non sempre: essi non provano avidità, non esiste per essi una condizione come la povertà, non c’è violenza, ma non provano, né conoscono l’emozione.
E qui hanno inizio gli squilibri. La loro presunta stabilità viene messa in crisi da una nuova malattia: la SOS, Switched-On-Syndrome. Questo virus è in grado di riattivare sentimenti come depressione, sensibilità, paura e amore, ‘persi’ e dimenticati da tempo.
Quando Silas scopre di essere ‘infettato’ viene subito emarginato, ma c’è una persona che sembra capire la sua situazione: Nia (Kristen Stewart). Anche lei è contagiata ed è in grado di provare sentimenti, ma li nasconde, per non esser costretta – la perfezione lo esige – a suicidarsi, la conditio sine qua non per far sì che la ‘razza incontaminata’, sana, possa continuare ad esistere ‘perfettamente'. I due scopriranno l’amore e sarà la loro fine ‘umana’.

Testo scontato sin dai primi fotogrammi: non si sentiva certo la mancanza di un nuovo redivivo ed orwelliano1984. Tutto è prevedibile, si possono immaginare le conseguenze che una ‘fragile’ società fondata sulla perfezione dell’aridità e dell’inumanità può subire. Eppure oltre alla grande letteratura fantascientifica, usata ed abusata, ritroviamo citazioni ad un futuribile mondo alla Piranesi/Escher, un mondo alla rovescia, una città che ricorda Metropolis di Lang, ma senza una vera vita, nemmeno meccanica/meccanicistica.
Nella fotografia, pallida, misurata essa stessa, c’è, a tratti, un vago ricordo di uno dei capolavori di Truffaut, Fahrenheit 451, ma è solo una piccola illusione ottica: manca lo spessore di quel film che nella sua catastrofe adombrava la morte (pur con una possibile salvazione) della Cultura e della Libertà, datata dalla Notte dei Cristalli nell’anno delle leggi razziali, 1938, di hitleriana memoria.
E non manca neppure un’allusione al finale di Romeo e Giulietta: Shakespeare rimane sempre il più grande sceneggiatore della storia del Teatro e del Cinema; insomma Much ado about nothing, molto rumore per nulla, un frastornante silenzio di cui, forse, si poteva far a meno.

Maria Cristina Nascosi Sandri- ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38