A Pere Portabella, autore, produttore, politico e regista spagnolo
- classe 1927 per alcuni o 1929 per altri - il MOMA di New York ha appena
dedicato, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, una
retrospettiva, proponendo in anteprima – dopo la sua partecipazione
alla sezione Orizzonti – il suo stupendo
Die Stille vor
Bach -
Il silenzio prima di Bach. Presente nell’opera un monologo di
Pasolini, quasi omaggio anticipatorio all’ormai prossimo 32°
anniversario della sua morte (l’aveva conosciuto tra il ’62 ed il ’63,
lavorando in Italia ad una sceneggiatura per Francesco Rosi).
Film di rigorosità formale ineccepibile (la
fotografia nitida, vitrea, trasparente, di Tomas Pladevall
Kohout ne completa la perfezione),
Die Stille vor Bach, – ma di estrema libertà narrativa.
Il
plot o, sarebbe meglio dire, l’affabulazione musicale per immagini,
salta con apparente leggerezza dal XVII al XXI secolo.
La consecutio del film è ottenuta, a detta dello stesso regista,
ricorrendo in senso diacronico al solo linguaggio cinematografico: gli spartiti, in esso, sono il mezzo di comunicazione dei codici
musicali. Così, infatti, li vediamo alla fine del film, sono
all’interno della virtualità dell’immagine. Poi essa scompare, per
lasciare il posto alla musica che la fa da padrona.
Il cinema possiede due canali di trasmissione, l’immagine ed il suono,
sinergici sight and sound dalla perfetta sincronia, entrambi con lo
stesso peso, lo stesso senso, per Portabella.
E per lui la musica non è mai secondaria, è autonoma, arricchisce il
testo filmico e tutte le emozioni che esso vuole esprimere.
La scelta del regista è caduta sulle musiche di Bach, in prima
istanza protagoniste, insieme con il loro autore, dell'opera – non a
caso quel poetico titolo – e su quelle di Mendelssohn, altra non
causalità: questi amò tantissimo la musica di Bach da volerla quasi
far rivivere, ricomporre e, per arrivarci, cercò di ottenere gli spartiti
della Passione secondo San Matteo – leggenda? verità? poco importa –
comprando la carne che il macellaio vi avvolgeva dentro foglio per
foglio, sublime cacata carta di catulliana memoria che da sola stupiva
per il rigore e la passione che da essa trasudavano.
La forza ed il ‘corpo’ delle musiche immortali dei due musicisti – in
specie quelle di Bach, si capisce - sono celestiali, "divini", ma
altrettanto faticosamente "umani" nello sforzo, nella disciplina, nella
dedizione ultraterrena del comporli.
Per dare un’idea di tutto questo Portabella ha voluto che i brani nel
film fossero eseguiti in presa diretta, ben a conoscenza del fatto che
vari sono i livelli di lettura elaborabili individualmente e
soggettivamente dal singolo spettatore.
E questo ‘giovane’ 80enne, ‘sostenuto’ da tempo dall’ammirazione e dal
carteggio con il regista Johnathan Demme (appena conosciuto di persona
a
Venezia), ha il privilegio oggi di essere considerato un regista di
Nuova Tendenza – come scherzosamente ha dichiarato in
conferenza-stampa:
“Non a caso, allora, considero Manoel de Oliveira (novantottenne - n.d.r.) un punto di riferimento e per la carriera e…per l’età”.
|