Delitto perfetto
(A Perfect Murder) |
da Duel (Alberto Fassina)
La trappola e la fuga. Rifare Hitchcock
è poco prudente, ma rileggerlo/aggiornarlo può essere un efficace
espediente per ovviare il problema. Questo deve aver pensato il regista di Trappola
in alto mare e Il
fuggitivo prima di osare: si può rimettere
mano anche a Hitchcock se si mettono le mani avanti. Come? In primo luogo affermando
che questo non è un remake ma una rilettura. E poi giocando sul fatto
che, se il ricordo del primo Delitto perfetto
condiziona inevitabilmente la visione dei secondo, il dubbio che quel film sia
uno tra i meno riusciti del maestro dei brivido lascia comunque ampio spazio
alla revisione. Allo spettatore curioso spetta poi di decidere se si tratti
di una nuova versione, di una revisione o di una per-versione. Interessante
è soprattutto la trasformazione dei personaggi rispetto all'originale
[…]
Ma anche da altre prospettive Davis fa il suo gioco di sponda con Hitchcock.
Ripetendo, ribaltando e modificando i dati di partenza. La ripetizione
principale riguarda il fatto che l'omicidio perfetto al cinema non riesce
mai (anche se qualcuno potrà facilmente dire che questo film "uccide
perfettamente" quello di Hitchcock): questa è la condanna a
cui sono costretti i film che rincorrono questa ossessione (anche quello
di Hitchcock). Hitchcock si era appoggiato a una sceneggiatura d'impronta
teatrale, gestendo la vicenda prevalentemente nello stesso ambiente (ma
i preziosismi di Nodo alla gola
erano tutt'altra cosa), mentre Davis predilige un'ambientazione meno claustrofobica
(anche se perde decisamente in suspense). Alle finezze di stile e di genere
d Hitchcock, Davis risponde come può, anche se almeno in un caso
l'esercizio della re-invenzione è efficace (l'utilizzo del telefonino
per per costruirsi l'alibi nasce dalla scena del telefono occupato). Esemplare
delle pratiche del cinema postmoderno Perfect Murder è cinema
nel cinema, cinema che vampirizza il cinema.