Delicatessen
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Un incipit assurdo, ironico e agghiacciante,
una sequenza per i titoli di testa tra le più orinali e significative
che il cinema ricordi, un dipanarsi del racconto incredibilmente sardonico
e grottesco, denso di riferimenti cinematografici (Carné, Wayda,
Gilliam, Greenaway), letterari (Camus o Dickens, Perec o Prevert) e fumettistici
(Jeunet e Caro vengono proprio dal fumetto, dalla pubblicità, dal
cinema d'animazione). Cosa si può narrare di Delicatessen
se non che è una bizzarra commedia nera ambientata in una Francia
futuribile, ma regredita agli anni bui della guerra, in un fatiscente condominio
in cui il padrone di casa è un truce macellaio che "piazza"
carne umana ai suoi inquilini, procurandosela, di comune accordo, tra gli
ingenui factotum che vengono via via a lavorare nel caseggiato? Se lo stile
anticonformista di Jeunet e Caro si estrinseca nella sincopata partitura
di gesti e suoni che costituisce l'azzeccatissimo trailer, il respiro di
Delicatessen è ben più ampio: l'ironia e le gag contrappuntano
il registro cupo dell'assunto, l'atmosfera, ora lieve ora opprimente, dà
costrutto organico alla fragilità della trama. Quando l'ennesima
vittima designata si rivela un clown "musicale" che sa districarsi,
con la mimica e la poesia, tra la barbarie del presente, anche il cuore
della timida figlia del macellaio ha un improvviso sussulto, i toni surreali
si stemperano in un disarmante duetto di musica e sentimenti e il cigolio
dell'insegna dorata del porcellino fa stridere amabilmente i nostri sensi
di spettatori, disabituati ad un cinema di tale freschezza ed invenzione.
e.l. pieghevole LUX settembre/novembre 1992 |
4 César 1991 - Felix 1991: Miglior scenografia europea dell'anno |