Arrivato
dall'Umbria a Milano con il treno della speranza, Antonio (Filippo Timi) porta in
braccio il suo bambino Pietro, pochi mesi e una grave malattia da curare.
Sono soli ad affrontare la grande avventura: la mamma di Pietro è rimasta
a casa con gli altri fratellini. |
Anna Maria Pasetti - Ciak |
Per Filippo Timi il corpo è tutto: prigione, tormento, limite, arte. È uno di quegli attori che fa del corpo il suo strumento di lavoro, la sua figura massiccia e malinconica ha un'identità così forte che occupa lo spazio emotivo circostante. In Corpi estranei questo diventa così evidente da commuovere. Solo, in scena, per la maggior parte del tempo, l'attore lascia alla sua nuca inclinata, ai movimenti goffi, ai gesti rozzi il compito di raccontare la solitudine, la fragilità, la chiusura al mondo di Antonio, un operaio umbro che in un ospedale milanese assiste il suo bambino malato di cancro al cervello. Il regista Mirko Locatelli, qui alla seconda prova, la malattia la conosce bene: è tetraplegico, dirige su una sedia a rotelle, ma non indugia mai nella commiserazione. Le parole d'ordine sono dignità e pudore. E la dolcezza e la solidità di Timi riconciliano con la figura del «padre», in un cinema che spesso lo descrive come un eterno Peter Pan. |
Federica Lamberti Zanardi - il venerdì di Repubblica |
Antonio è un
padre solo a Milano, dove è appena arrivato per curare il suo bambino.
Ricoverato in un centro oncologico, Pietro ha un anno e deve essere
sottoposto a un delicato intervento. Chiuso col suo bambino nella stanza
numero sei, Antonio scambia
molte parole con la moglie al telefono e poche
battute con gli infermieri nei corridoi, dove si aggira introverso e
osservato da Jaber, un adolescente tunisino in visita a un caro amico
malato. Addolorato dalla malattia di Pietro e incuriosito dai silenzi di
Antonio, Jaber lo avvicina per offrirgli parola e conforto. Ma Antonio,
arrivato dalla provincia umbra, non apprezza gli sguardi e le attenzioni
del ragazzo, a cui risponde scontroso e laconico. Jaber è 'arabo' e
diverso, troppo diverso da lui, che arroccato nel suo dolore e nella sua
ostilità crescente assume un atteggiamento di aperto rifiuto.
L'ostinazione di Jaber e la degenza di Pietro avranno però la meglio sul
suo individualismo. Finalmente 'carico' solleverà lo sguardo. |
Marzia Gandolfi - mymovies.it |
promo |
Antonio (Filippo Timi) e Pietro, padre e figlio, sono soli a Milano. Il piccolo Pietro è affetto da una rarissima malattia: insieme al papà ha dovuto lasciare il sud per cercare un barlume di speranza nel capoluogo lombardo. Jaber ha 15 anni, ed è giunto da poco in Italia dal Nord Africa per sfuggire ai tumulti che hanno accompagnato le primavere arabe. Il ragazzo deve assistere l'amico Youssef, anche lui, come Pietro, costretto in ospedale. È proprio qui che Antonio e Jaber, anime sole e tormentate, "corpi estranei" in una città lontana, si incontrano... Un'opera certo ambiziosa ma che si affaccia a temi "ostici" come la dignità e il pudore senza mezze misure narrative e linguistiche, andando a "pungere" con ostinazione i sentimenti di chi si affida ciecamente alla speranza. Essenziale e maturo I corpi estranei risulta intimamente vero e con un'eccezionale economia di mezzi espressivi (Filippo Timi catalizza tutto il film!) passa dal lontano al vicino, dal distacco all'immedesimazione, fino a restituirci una commovente cognizione del vivere. |
LUX - aprile 2014 |