da L'Unità (Alberto Crespi) |
I primi 10 minuti di Camminando sull’acqua sono in puro stile thriller, e sono girati nello stile dei «poliziotteschi» italiani degli anni ’70. Ma il nuovo lavoro di Eytan Fox, autore due anni fa della love-story gay Yossi & Jagger, non è un film d’azione. Semmai, come il precedente, colloca la tematica omosessuale in contesti dove non ci si aspetterebbe di incontrarla: Yossi & Jagger vedeva sbocciare l’amore fra due soldati israeliani di stanza sul confine libanese, qui l’universo gay irrompe nel mondo super-macho di Eyal, agente del Mossad abituato alle maniere forti. Il nuovo incarico del nostro uomo è infatti fingersi un autista e pedinare Axel, un giovane tedesco che viene in Israele per visitare la sorella Pia, ospite di un kibbutz. Pia ha sposato un ebreo, ma ciò che lei e Axel ignorano (almeno inizialmente) è che il loro nonno era un criminale nazista. I due ragazzi non lo sanno, ma il Mossad lo sa benissimo, e sospetta che il vecchio (dato per scomparso in Argentina) sia ancora vivo. Eyal, quindi, si appiccica ad Axel: già l’incarico non lo entusiasma (lui vorrebbe ammazzare terroristi palestinesi, non dar la caccia a fantasmi nazisti…), quando poi scopre che Axel è omosessuale subentra in lui il disgusto. Ma pian piano Eyal, Axel e Pia diventano quasi amici. Tutto sommato hanno la stessa età, e condividono un passato drammatico dal quale vorrebbero tanto liberarsi… Come avete capito, sia pure da questo rapido riassunto, Camminando sull’acqua mette sul tappeto almeno 4 o 5 temi centrali della nostra contemporaneità. E potremmo aggiungerne uno ancora più enorme, perché il titolo allude proprio a colui che sull'acqua, stando alle cronache d’epoca, camminava davvero: a un certo punto Axel vuol vedere il Mar Morto, e in un sogno che sconfina nell’utopia lui ed Eyal passeggiano sulle acque insieme. Il film è l’ambiziosissima metafora di un luogo dove tutto è cominciato (Gerusalemme, città delle tre religioni) e dove tutto dovrebbe concludersi: senza darvi dettagli sul finale, sappiate che Fox ci mostra una riconciliazione utopica, con una nascita che ambisce ad essere salvifica per tutti (il neonato dell’ultima inquadratura è come un nuovo Gesù, venuto a sanare i peccati del mondo). La scommessa è estrema, bizzarra e a suo modo affascinante: da tempo non si vedeva un film «di genere» che puntasse a temi così alti, se non nella fantascienza filosofica e multimiliardaria alla Matrix... La carne al fuoco è fin troppa (e qua e là sovraccarica la narrazione), il doppiaggio italiano appiattisce e, in qualche occasione, svuota di senso (in originale l’impasto linguistico doveva essere un mix di inglese, tedesco, ebraico e arabo...), ma Camminando sull’acqua merita nel complesso un’occhiata: lavora sulla memoria, sulla dialettica tra vendetta e perdono, sul senso del sacro, sull’utopia di un Israele senza violenza né odio... |
TORRESINO
- dicembre 2004