Per
adattare la bellissima storia raccontata dallo scrittore Khaled Hosseini,
il regista Marc Forster
sceglie la strada più
semplice e diretta, quella del sentimento, e non si lascia tentare né
dalla saga storica né da esibizioni di stile, puntando tutto sulle facce
dei piccoli protagonisti. Travolti dalle Lacrime, ci porteremo per sempre
negli occhi la faccetta camusa, un po' storta, di Hassan, etnia azara (Ahmad
Khan Mahrnoodzada), il prodigioso cacciatore di aquiloni, amico e
servitore fedele di Amir, pacifico sino al sacrificio. Altrettanto
vibranti sono le immagini aeree di Kabul (ricostruita in Cina) sovrastata
dal voto dei cervi volanti. Per il resto il film va dritto alto scopo,
raccontare il dolore storico del popolo afghano disseccato prima dal
comunismo e poi dai talebani e insieme il senso di colpa tutto privato di
Amir che non ha saputo, o voluto, difendere l'amico aggredito. Buoni
sentimenti per un cinema sentimentale, che chiede solo di soddisfare le
aspettative dei fan del romanzo. Va bene così, anche se nella seconda
parte qualcosa suona a vuoto, quando la buona confezione non basta più a
mostrare davvero l'orrore del fanatismo religioso e Forster non trova lo
scatto in più per salvarsi dal teatrino dei buoni e dei cattivi.
Piera Detassis - Ciak
Dal romanzo
allo schermo il viaggio sembra breve, ma in realtà è pieno d'incognite e
insidie. I concetti di fedeltà e travisamento entrano in ballo pagando, in
ogni caso, pegno al primato del lettore: nel caso de Il
cacciatore di aquiloni
(«The Kite Runner»), poi, la trascrizione era resa ancora più ardua dalla
perdurante drammaticità della questione afgana. Il regista Marc Forster e
lo sceneggiatore David Benioff affrontano con circospezione le turgide
pagine di Khaled Hosseini, ricorrendo ai modi insapori del cinema
internazionale per narrare le traversie dei protagonisti sullo sfondo di
trent'anni di storia patria. Succede così che i dettagli autobiografici
del quarantenne Hosseini - rifugiato in Usa nell'80 e oggi medico a San
Francisco - siano rievocati alla lettera, mentre venga sperperato il
tesoretto espressivo alle fondamenta del bestseller. Perseguitato dal
rimorso di non avere difeso l'inseparabile amichetto da uno stupro
razzista, Amir vive ormai lontanissimo dall'amata Kabul dell'infanzia:
finché un giorno una telefonata ha il potere di risucchiarlo nei vortici
di un passato che è idillico e insieme straziante. La fantasia del
cineasta, in effetti, non ha dovuto sforzarsi troppo, perché tra
l'invasione sovietica del '79, la successiva e ferocissima guerriglia,
l'odiosa dittatura dei talebani e l'intervento militare dell'Onu che l'ha
abbattuta (senza peraltro porre fine alle turbolenze che a fanno
dell'Afghanistan uno dei focolai bellici più pericolosi del globo) la
carne dell'azione al fuoco dello spettacolo non manca. Peccato che quando
s'imbocca a passo di carica una sequela di approssimative scene madri,
un'impersonale retorica prende il sopravvento su stile e atmosfere.
Valerio Caparra - Il
Mattino
Con
la garanzia di 8 milioni di copie, almeno 40 milioni di occhi rossi, in
Italia edito Piemme, arriva il best seller movie dispiaciuto a Kabul del
medico emigrato in Usa Khaled Hosseini. Best seller in ogni senso:
l'autore Marc Forster, esperto di
Monsters, racconta con doppio senno
di poi la duplice, oltre gli yankees, invasione dell' Afghanistan, prima i
russi poi i talebani. Nella storia dell' odio del mondo si inserisce l'
amicizia di due ragazzini, poetica per via degli aquiloni; e la colpa di
uno dei due che si redime in ritardo salvando il nipote rivelato in un
finale rocambolesco degno dello 007 che infatti lo stesso regista sta
girando. Nessun sentimento è sottinteso, tutto è sparato a volume
altissimo dalle fanfare della retorica, senza un attimo di vera poesia ma
con la furberia del prodotto americano omologato e un po' reazionario.
Attori adeguati tra lacrime e agnizioni.
Maurizio Porro -
Il Corriere della Sera
cinélite
TORRESINO
all'aperto:
giugno-agosto 2008