Il 1978 è stato uno anno con tredici lune. Ed è proprio l'anno in cui si svolgono a Francoforte gli ultimi cinque giorni di vita di un transessuale, Elwin Weishaupt, divenuto Elvira in seguito a un'operazione fatta a Casablanca. Abbandonato da bambino in un orfanotrofio, perché illegittimo, Elwin da adulto era diventato macellaio nel mattatoio di Francoforte, si era sposato, aveva avuto una figlia. Questa è la sua famiglia che non abbandonerà mai affettivamente, anche dopo l'operazione di Casablanca. L'uomo per il quale ha subito l'operazione è Anton Seitz, un ebreo, sopravvissuto ai lager e divenuto potente con la speculazione edilizia e con la prostituzione organizzata. Ora Seitz è lontano e non pensa più all'amica. L'unico conforto di Elvira è una prostituta, Zora la rossa. Seguendo i pressanti consigli della sua ex sposa, Irene, Elwin-Elvira si mette sulle tracce di Seitz, lo incontra e ne subisce il cocente disprezzo. Ad Elvira rimane solo Zora. Vorrebbe ritornare a vivere nella sua famiglia, con la sposa Irene e con la figlia. Ma ormai è troppo tardi. Si sente un respinto da tutti. Solo la morte non può opporgli un rifiuto… |
…La
didascalia iniziale pone subito sotto il segno di un destino astrale
pressoché ineluttabile la parabola di Erwin/Elvira Weishaupt. Infatti,
sempre è fondamentale il ruolo del destino nel melodramma, in cui
il protagonista, per quanto lotti, non può resistere al fatale e inesorabile
avvicinarsi della morte. La vita stessa di Elvira, ancor prima della
sua messa in scena, è un grande melodramma. Il suo problema è trovare
la giusta parte da recitare, a cominciare dalla definizione della
sua stessa sessualità. Apprendiamo
che nemmeno lei sa «perchè» è andata a Casablanca: non era in grado
di farsi amare come Erwin, ma non riesce nemmeno a farsi accettare
come Elvira. Non a caso il suo momento di felicità l'ha vissuto con
Christoph, un attore. Da questo punto di vista la impressionante sequenza
del mattatoio è rivelatrice. Mentre Elvira racconta a Zora la sua
vita e le recita istericamente i brani teatrali che provava insieme
a Christoph, le vacche, ordinatamente disposte in una gabbia-corridoio,
vengono uccise, sgozzate, squartate e macellate. Il paragone che a
prima vista vien fatto di istituire tra Elvira e queste bestie, accomunate
dal destino di una morte «meccanica», è in realtà molto più complesso.
Un
anno con 13 lune
non è un film suIl'emaginazione dei transessuali, animali da macello
della società consumistica. A un certo punto del delirante monologo,
Elvira fugge per la tangente della finzione e dell'autosuggestione
fin quasi a gridare nel vuoto il suo desiderio di autodistruzione.
Il facile parallelo con Francoforte, la città-mattatoio, si rivela
allora come l'alibi di Elvira per la messa in scena del suo suicidio.
È significativo che, quando era uomo, Elvira fosse macellaio (e, a
quanto emerge dai suoi ricordi, un macellaio un po' troppo inebriato
dal sangue): era uccisore perchè voleva essere vittima, come finalmente
adesso può diventare (secondo un rapporto che Fassbinder avrebbe poi
sviluppato a oltranza in Querelle).
Il fatto è che, a differenza di altri eroi fassbinderiani, a Erwin-Elvira
manca l'innocenza. E non potrebbe essere altrimenti in un personaggio
condannato all'ambiguità anche dal punto di vista fisiologico. Per
quanto possiamo compatire la sua infelice condizione, non ci può sfuggire
il suo autocompiacimento nella sofferenza, la sua incapacità di scegliere
un'identità. Non le resta che comportarsi come un'eroina da melodramma
e come tale recita la sua scena secondo le situazioni che la vita
quotidiana le propone. È chiaro, però, che il suo comportamento è
motivato in gran parte dal cinico sfruttamento che dei suoi sentimenti
fa la società. |
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cinema invisibile TORRESINO gennaio-marzo 2008