da La Repubblica (Claudia Morgoglione) |
L'uomo che seduceva tutte le donne, ma che non riusciva ad amarne nessuna, ha il sorriso ironico e lo sguardo un po' obliquo di Jude Law: è lui, il divo inglese trapiantato a Hollywood, a incarnare, sul grande schermo, uno dei più irriverenti sciupafemmine di tutti i tempi, "perso" nel caos e nelle tentazioni della New York di oggi: è la Grande Mela, infatti, il teatro delle mille avventure erotiche di Alfie. Remake di un'omonima pellicola interpretata da Michael Caine, il film mantiene, rispetto all'originale, il dialogo continuo del protagonista con gli spettatori, in cui il nostro eroe spiega il perché del suo essere continuamente a caccia. Facendo intravedere anche un'inquietudine, un'insoddisfazione, che nel corso della vicenda si manifesterà più chiaramente. Così, guardando fisso nella telecamera a beneficio del pubblico, l'Alfie di Law racconta se stesso: il suo lavoro di autista, il suo essere emigrato dall'Inghilterra a New York non per motivi economici o di carriera, ma perché a Manhattan ci sono le donne più belle e disponibili del mondo. E poi assistiamo alle storie con alcune delle sue prede: la mamma single (Marisa Tomei) che vorrebbe un legame più stabile, la moglie trascurata dal marito (Jane Krakowski), la ragazzina instabile (Sienna Miller), la manager senza cuore (Susan Sarandon), la donna del suo migliore amico (Nia Long). Ma non è tutto oro quel che luccica, nella frenetica Grande Mela descritta dal film: e così, tra periodi di impotenza e paure di malattie gravi, Alfie appare meno vincente, meno invulnerabile, di quanto potrebbe sembrare. |
da Il Giornale (Pedro Armocida) |
E'
un insopportabile e impenitente dongiovanni venato da un'omosessualità
latente. Da come ama le sue donne (in particolare «la faccia, le poppe
e le chiappe») è certo che un po' le odia. Si aggira come un dandy
d'altri tempi in sella a una Vespa. È un filibustiere sarcastico e
tagliente. Naturale che di fronte a un tipetto così interessante, autista
di Limousine, le donne cadano ai suoi piedi. Ma se questo poteva essere
plausibile nel dramma radiofonico inglese Alfie Elkins e la sua piccola
vita scritto nel 1962 da Bill Naughton (diventato poi il film,
Alfie
che nel '66 lanciò Michael Caine), lo è un po' meno nell'omonimo remake
firmato da Charles Shyer, che ha spostato l'azione dalla swin-ging London
alla Manhattan di oggi. Lì tra le musiche originali di Mick Jagger e Dave
Stewart si muove il nuovo Alfie, un personaggio infinitamente triste ma
dotato d'una vitale dose di cinismo (meglio espressa nel passato da
Michael Caine...) |
TORRESINO
- marzo 2005