A
torto o a ragione (Taking
Sides)
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da Il Giorno (Silvio Danese)
Faccia a faccia tra arte e politica. Efficace, chiaro, problematico, di peso storico e prospettiva attuale. Nella ricostruzione degli interrogatori del maggiore americano Steve Arnold al celebre direttore d'orchestra Kurt Furtwangler, nella Berlino distrutta del dopoguerra, Szabò riprende la questione dell'indipendenza dell'arte dalla politica, lasciandoci due personaggi di statura e passione a incarnare la dialettica tra poesia e secolarità. Furtwangler non lasciò la Germania nazista come molti colleghi costretti all'esilio. Il maggiore americano, un pragmatico, aggressivo militare che ascolta Beethoven e Bruckner per avvicinarsi all'orgoglio dell'artista, rovescia su Furtwangler la rabbia e l'indignazione dei campi di sterminio. Impossibile il film senza i due grandi interpreti, Keitel scatenato, arrogante ma giusto vincitore, e Skarsgàrd con la fierezza del poeta e l'alterigia del podio. Grande cinema da camera, ma con il respiro di un mondo pulsante. Per il finale, un documento del vero Furtwangler rivela, in un gesto, la sua intima indipendenza. Da non perdere.
da La Repubblica (Roberto Nepoti)
Nella Berlino del dopoguerra, le autorità alleate sono impegnate nel processo di denazificazione. Al maggiore americano Arnold toccano le indagini preliminari all'istruzione del processo contro Wilhelm Furtwangler, direttore d'orchestra di fama internazionale e massimo interprete di Beethoven, sospettato di collusioni con Hitler. Secondo altri, invece, il maestro si sarebbe servito del proprio ruolo per assumere nell'orchestra musicisti ebrei, salvandoli dal campo di sterminio. Pragmatico e cromosomicamente avverso al fanatismo nazista, anche Arnold è - a modo suo - un fanatico. Crede in una giustizia manichea fatta di Bene e di Male e la persegue con inesorabile ostinazione, mettendo sotto torchio il sospettato. Si sente il depositario di una missione: il processo al celebre musicista dovrà fornire al mondo una lezione esemplare. Sotto l'aneddoto storico autentico, A torto o a ragione di Istvan Szabo lascia affiorare tutto un sistema di contrapposizioni etiche, estetiche, politiche. La più evidente è quella tra il punto di vista etico, che fu alla base di Norimberga e degli altri processi ai nazisti (nel suo accanimento, l'americano sa di difendere un principio di valore assoluto; per lui è inconcepibile che i suoi collaboratori tedeschi, già vittime di Hitler, rispettino Furtwangler in quanto artista), e il punto di vista del maestro, ovvero l'indipendenza dell'arte dalla politica. La seconda opposizione entra in gioco attraverso Dymschitz, un colonnello russo che vorrebbe portarsi a Mosca il maestro e propone al maggiore americano uno scambio con alcuni collaborazionisti: sagace metafora di come la guerra fredda stia già schierando i vincitori su fronti opposti. L'ultima riguarda la musica: Beethoven da una parte, dall'altra lo swing e Moonlight Serenade, che hanno accompagnato in Europa i militari americani. A torto o a ragione è un film scritto ottimamente, ben diretto, ben fotografato (da Lajos Koltai), interpretato da un cast valoroso su cui Harvey Keitel, nella parte dell'ufficiale mastino con le migliori intenzioni, svetta all'apice della forma.
TORRESINO aprile 2002