da Il Manifesto (Giulia D'Agnolo Vallan) |
Per
questa sua prima esplorazione nella sci-fi,
Linklater ha scelto di tornare
alla tecnologia animata del rotoscopio (animazione che viene sovrapposta
in un secondo tempo alle riprese dal vero del film) con cui aveva
realizzato Waking Life. In contrasto con quel suo luminoso e arioso divertissement pseudofilosofico girato pellegrinando tra le strade e i bar
di Austin,
A Scanner Darkly
è un affresco pesantemente claustrofobico,
dove le trasparenze pulsanti, quasi acquatiche, di Life cedono il posto a
tessere di colore più scuro e compatte tra loro, per un effetto visivo che
accentua la cupezza della visione tossica e apocalittica di Dick. Se
Fast
Food Nation lavora sulla possibilità di riscrivere i confini mentali e
geografici degli States e a ridiscutere l'appetibilità del Big Mac della
globalizzazione,
A Scanner Darkly è un corridoio senz'uscita verso un
mondo di tenebra. Non stupisce che Linklater abbia voluto come
protagonista Keanu Reeves, viaggiatore/survivor per eccellenza di altre
dimensioni, una più dark dell'altra (Matrix ma anche
Constantin). |
da Ciak (Luca Barnabé) |
A Scanner Darkly è qualcosa di diverso da un film che adatta Dick. È il film più fedele in assoluto e allo stesso tempo, forse — paradossalmente? — il migliore, tratto da un suo romanzo. Non parte da un libro qualsiasi: A Scanner Darkly (Un oscuro scrutare, ed. Fanucci) è il romanzo della vita, che preconizza la possibile morte dell'autore (le ultime pagine si chiudono con l'elenco dei compagni di droghe scomparsi o dai corpi danneggiati per sempre). Parla di Substance D, sostanza D(eath), ovvero morte: la "roba". Mette in scena le personalità multiple del poliziotto Fred o Bob Arctor (Keanu Reeves ridipinto grazie al Rotoscoping digitale) infiltrato tra i junkies, i tossicomani (da Winona Ryder a Woody Harrelson), radiografa dall'interno lo sfascio fisico e mentale di Bob, i suoi sdoppiamenti, in un futuro-presente allucinante. Linklater non censura, non ammorbidisce, non plasma troppo le pagine da cui parte, si tiene in equilibrio precario, tra personaggi tragici e situazioni buffe (si ride spesso), racconto dark e confusione identitaria. La sua tragicommedia dipinta è un allucinante "grande fratello" su un gruppo di tossici, un inquietante caos di punti di vista: le soggettive distorte dei personaggi coincidono spesso con il nostro sguardo di spettatori. |
i giovedì del
cinema
invisibile
TORRESINO
gennaio-marzo 2007
PRIMA VISIONE
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