Non succede spesso di trovarsi in sintonia con il
verdetto dei giurati veneziani. Quest'anno il
LEONE D’ORO per il miglior
film a Poor Things (Povere
creature!)
era predestinato. Il film di Lantimos è sfacciatamente
barocco, eccessivo, ridondante, ma è il titolo perfetto
per dare tono e prestigio a questa edizione del Festival
di Barbera (vedremo come reagirà il pubblico all'uscita
in sala). Ad avvalorare la personalità d'essai di questa
mostra ecco poi il LEONE D’ARGENTO
– Gran Premio della Giuria a
Aku Wa Sonzai Shinai (Il
male non esiste); il lavoro di Ryusuke
Hamaguchi non ha il fascino avvolgente di
Drive My Car, ma sa condurre lo spettatore in un
mondo incontaminato dove l'armonia con la natura diventa
un enigma esistenziale. E che dire del
LEONE D’ARGENTO Premio per la
migliore regia a Matteo Garrone per
Io capitano? Non
è un contentino al cinema italiano (c'erano sei titoli
in concorso e non c'è stato nessun altro premio), è il
giusto tributo ad uno sguardo certo insolitamente
buonista, ma coerente in sceneggiatura e regia, sul
fenomeno bruciante dell'immigrazione; e il
PREMIO MARCELLO MASTROIANNI al
giovane attore emergente Seydou Sarr va a
suffragare l'impegno e la sincerità d'intenti di Garrone.
L'altra istantanea cinematografica sull'argomento è
Zelona granica (Il
confine verde) di Agnieszka Holland
talmente amaro, coinvolgente e drammatico che il
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
sembra quasi troppo misero come riconoscimento in questa
Venezia 80°. A Larrain e al suo horror fantapolitico
El Conde non
si poteva negare un premio e non essendocene uno per la
visonarietà non restava che il
PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA, a
valorizzare la spiazzante follia dello script firmato
assieme Guillermo Calderón. Restano, meno convincenti a
nostro parere, le assegnazioni delle
coppe Volpi per le interpretazioni:
forse quella a Cailee Spaeny (Priscilla),
a spese di Emma Stone, è comprensibile per la sua
toccante presenza di fragile ragazza accanto ad un
mostro sacro come Elvis, ma, con tutto il rispetto per
il Peter Sarsgaard di Memory,
come si è potuto trascurare l'eccelsa performance di
Caleb Landry Jones che da solo regge tutta forza
empatica del Dogman
di Besson?
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Ezio Leoni |
Cristina Menegolli |
Licia Miolo |
Giovanni Martini |
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Matteo Pernini |
Ezio Leoni
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