|
È una liason obbligata quella tra la pandemia e le visioni
online: i cinema si rifugiano nelle programmazioni in
streaming (il Lux
fa parte del circuito #iorestoinSALA), i cinefili
fanno zapping tra le reti pubbliche e private, riesumano
file e DVD dagli archivi personali... E così ci
ritroviamo a riparlare di serie tv e di
western...
|
|
|
|
|
PILLOLE WESTERN
|
|
i primi anni del sonoro e una novità |
|
Archiviata la pratica
anni del muto,
ci sono almeno due titoli che vanno citati prima di arrivare
alla svolta epocale di
Ombre rosse. Da una parte
Il grande sentiero, la prima incursione nel genere di Raoul Walsh, che consacra
con grandi coreografie naturali la coraggiosa avventura dei
pionieri, dall'altra, con
La conquista del West, il ribadirsi, per quanto riguarda Cecil
B. DeMille e il suo cinema, di una visione eroica e
spettacolarizzata della storia, approfittando del sonoro per
far duettare, con sottile finezza, i suoi protagonisti.
Nella
scia di Cruze, lo sguardo di Walsh è ancora più
attento all’affresco della carovana. L’inquadratura è a
ridosso dei carri, cercando di immedesimarsi con la vita
dei pionieri. Quella di Walsh è un’epica a tutto tondo
>> |
DeMille sa maneggiare con sfrontata simpatia il
western, lo indirizza con sicurezza nei canoni che in
quegli anni stavano definendo il genere; ha splendide
finezze di scrittura e momenti di regia memorabili
>> |
E, quasi a premiare la nostra passione, questo
mese Netflix ha regalato ai suoi abbonati, un nuovo
ottimo titolo, firmato Paul Greengrass, che vede per la prima
volta cimentarsi nel
western Tom Hanks.
Per chi riesce a vederlo, ne vale davvero la pena!
Sono molti i pregi di
Notizie dal mondo;
innanzi tutto la scoperta della curiosa professione con cui il
capitano Jefferson Kyle Kidd (Tom Hanks) sbarca il lunario.
Tipografo, poi soldato con i confederati, alla fine della
guerra (cinque anni ormai) non ha avuto il coraggio di tornare
nella sua San Antonio, dove ha saputo che la moglie è defunta,
e si arrabatta passando di città in villaggio declamando per
la gente illetterata l’attualità delle notizie (News of the
Wold) ricavate dai giornali più importanti. Come in una
fiera di paese raccoglie i dieci centesimi di obolo per la sua
rassegna stampa a viva voce e sopravvive a se stesso e agli
amari ricordi che le battaglie gli hanno lasciato nel cuore.
>>
Ezio Leoni |
|
|
|
|
|
ALTRE VISIONI
|
|
visioni online |
|
|
SanPa - Luci e
Tenebre di San Patrignano
Cosima
Spender
# Italia 2020 (Netflix
- 5 puntate)
trailer |
Il 30
dicembre 2020 Netflix ha mandato in onda la nuova docuserie
ideata e prodotta da Gianluca Neri, con la regia di Cosima
Spender*.
Una docuserie si può considerare la versione per il piccolo
schermo di quello che un tempo veniva chiamato “film di
montaggio”, dove narrazione e documentazione si intersecano
nella ricostruzione di un evento, che ha lasciato il segno
nell'immaginario collettivo. In questo caso la narrazione
prende il via dall'anno di fondazione della comunità di San
Patrignano (1978), per arrivare all'anno della morte di
Muccioli (1995).
In essa materiali d'archivio, interviste a persone che hanno
vissuto quella storia, riprese dei luoghi reali in cui si
svolsero gli eventi creano un corpus, che, grazie a un
sapiente montaggio, si sviluppa come se fosse una crime story,
ricca di suspence e di colpi di scena.
Poche altre serie televisive, soprattutto di tipo
documentaristico, hanno avuto una risonanza e un'eco mediatica,
oltre alla quantità di visualizzazioni, pari a questa.
Sicuramente a ciò ha contribuito il tempismo della messa in
onda di quest'opera, che racconta una situazione di
coercizione, di chiusura e dipendenza a persone chiuse in casa
a guardarla.
Ciò non basta però a spiegare perché l'interesse, con cui si
inizia a vederla, si tramuti ben presto in un bisogno di
andare avanti, di sapere come va a finire con l'impressione di
partecipare ad una specie di rappresentazione collettiva e
condivisa, a differenza di altre serie americane simili, tipo
Wild Wild Country sul santone Osho e la sua setta di fanatici,
che non hanno la stessa tenuta narrativa.
Sicuramente un elemento che ha contribuito al suo successo
riguarda i temi trattati: da un lato la personalità molteplice
e controversa del suo fondatore, con tutti gli interrogativi
che il metodo da lui adottato per combattere la droga hanno
posto e continuano a porre, dall'altro quel mondo di disperati
che gli sta attorno e che rappresenta un pezzo di storia
recente, oscurata a lungo, ma che riguarda l'identità e la
memoria collettiva.
SanPa infatti non mostra semplicemente la storia della
comunità di San Patrignano, ma, attraverso questa, apre una
finestra sul contesto sociale, economico e politico
dell'Italia di quel ventennio. Erano gli anni degli opposti
estremismi, degli attentati, del cambiamento sociale, ma anche
dell'arrivo dell'eroina che avrebbe spezzato un'intera
generazione. «Mi son ritrovato, io che ero di destra, assieme
al fascista, al comunista, al brigatista: eravamo tutti in
fila per prendere la nostra dose» (Walter Delogu,
SanPa,
episodio 1).
Anzitutto assistiamo alla storia di un uomo, un gigante dal
corpo massiccio, carismatico, che gradualmente acquisisce un
potere assoluto, che alla fine non riuscirà più a controllare
e la sua parabola ci viene raccontata secondo un modello
romanzesco, cui alludono i titoli dei singoli episodi
declinati secondo una sintassi balzachiana (Nascita –
Crescita – Fama – Declino – Caduta). E poi ci sono gli altri,
i tossici, l'eroina, l'Aids e il senso di mancanza di respiro
che ci torna addosso alla scoperta o al ricordo di quegli
anni. Corpi traballanti, che avanzano come zombie con i loro
capelli lunghi e i pantaloni a zampa di elefante, corpi che
vengono a turbarci, a chiederci ragione di uno dei più grandi
rimossi della storia d'Italia. Quanti sono stati i morti per
eroina o per Aids negli anni 80-90 in Italia?
E qui nasce l'interrogativo che la serie si pone, pur senza
cercare risposte chiuse o responsabilità chiare: fino a che
punto una persona che sta cercando di salvarti può agire sulla
tua vita e sulla tua volontà, usando controllo, coercizione e
in alcuni casi anche violenza? Non può non colpire infatti che
il 1978, anno della fondazione di San Patrignano sia lo stesso
della legge 180, preceduta dal dibattito sulle istituzioni
totali, che ha visto coinvolto in prima persona in Italia
Franco Basaglia, e che in quegli anni Pannella e i Radicali,
favorevoli alla liberalizzazione delle droghe leggere, fossero
su posizioni diametralmente opposte a quelle di Muccioli, che
definiva il metadone droga di stato.
Basterebbe questo per dimostrare che il racconto di
SanPa non
si limita a testimoniare, ma interpella le emozioni, tanto più
in una situazione in cui le vite di tutti sono già così
infragilite dalla minaccia della malattia.
Ma il vero motivo per cui questa serie ti cattura fin
dall'inizio è dovuto al lavoro straordinario del montaggio (ad
opera di Valerio Bonelli): venticinque testimonianze,
centottanta ore di interviste e immagini tratte da cinquantuno
differenti archivi sono gli elementi di un mosaico
perfettamente ricomposto, per dar vita a un racconto pieno di
colpi di scena, di suspence, di tagli e accostamenti che
puntano a lasciare senza respiro il pubblico.
Se la struttura della serie è quella di un romanzo, con tanto
di elementi da thriller (due suicidi non chiari e un efferato
delitto), all'interno del quale campeggia la figura
controversa di Muccioli, il corpo del racconto è fatto però di
tante voci, anche molto diversamente orientate (“era come una
città con la sua polizia, il suo carcere” ma anche “una specie
di Eden dove i tossicodipendenti rinascevano a nuova vita”),
tra le quali due spiccano in maniera particolare delineandosi
via via come quelle più efficaci ad esprimere quello spirito
complessivo che è la coralità di esperienze votate al sistema
assoluto di appartenenza a San Patrignano.
Una è quella di Walter Delogu, prima stretto collaboratore e
autista di Muccioli, poi suo accusatore, l'altra,
indimenticabile, è quella di Fabio Cantelli, che si rivolge a
noi da una camera anonima di albergo, con la luce in penombra,
seduto precariamente sul bordo di un letto, con il corpo,
segnato dalla tossicodipendenza e dall'Aids, così tragicamente
diverso da quello delle immagini di repertorio, che sembra
voler chiarire anche a se stesso, attraverso l'intervista, il
senso della sua controversa esperienza. “L'illusione – dice Cantelli –
è che la droga sia un problema
che tocca il tuo corpo. Quello che invece non accetti, è che
queste droghe sono entrate nella tua anima, cioè hanno
cambiato la tua personalità. Per il tossicodipendente la droga
è la vita; vuol dire che non basta disintossicarlo, vuol dire
costruire un mondo alternativo alla droga che lo interessi,
che lo coinvolga, che lo appassioni, che piano piano gli
faccia scoprire una dimensione dell'esistere diversa da quella
che ha perseguito attraverso la droga.”
San Patrignano è stato, nel bene e nel male, un mondo altro e
totale.
E questo senso di appartenenza accomuna tutte le voci che
compaiono nel racconto, come una presenza che persiste anche
in assenza, tra gli abissi, sotto la coscienza.
Non c'è mai una voce extradiegetica giudicante o capace di
trasportarti in un mondo altro, perchè il materiale è montato
in modo di far sprofondare chi guarda in un'esperienza filmica
coinvolgente, dove il lavoro di montaggio non è solo mezzo, ma
significante potente. SanPa
non è un processo a Muccioli, come è stato da molti
interpretato, ma un'immersione in un mondo pieno di luci e di
tenebre, dove le contraddizioni rimangono aperte in un quadro
pieno di tinte contrastanti.
* Cosima Spender, senese,
è figlia degli artisti Matthew Spender e Maro Gorky, figlia a
sua volta del famosissimo Arshile Gorky. Nel 2015 il suo
docufilm Palio è
stato premiato al Tribeca Film Festival. |
MODA CINEMA E
ALTRO IN EPOCA DI PANDEMIA |
Le
Chateau du Tarot - Matteo
Garrone
Ouverture of Something
That Never Ended - Gus van
Sant
Code Temporal
- Robert Del Naja |
In
epoca di pandemia, anche per la necessità di sopperire
all'impossibilità di mostrare le collezioni nelle tradizionali
sfilate, succede che la moda si ritrovi ad essere un
incredibile melting pot di diversi linguaggi, dall'arte
figurativa a quella cinematografica, dalla musica alla
letteratura, grazie alle iniziative di stilisti
particolarmente visionari e talentuosi. D'altronde la macchina
commerciale del tessile-abbigliamento negli ultimi decenni
aveva alzato il ritmo di produzione ai limiti della
sostenibilità, arrivando a un numero spietato di collezioni:
fino a sei all'anno, con conseguenti sfilate, fiere e quant'altro.
Sistema che, con la pandemia. è crollato per l'impossibilità
di approntare un qualsiasi calendario credibile da parte delle
varie Camere della Moda (da Milano a Parigi, a New York).
Se l'esigenza di rinnovare i formati di presentazione da
sempre esistenti si era già fatta sentire prima della
pandemia, ora le maison leader nel cosiddetto “lusso”
si sono rapidamente sganciate dal sistema, individuando nuove
strategie da mettere in campo, sfruttando il massimo di
visibilità fornito dal digitale. Se infatti uno show
tradizionale poteva soddisfare al più 700 persone, la portata
digitale si può contare in decine di milioni. Durante tutto il
2020 hanno raggiunto la massima diffusione le presentazioni
virtuali, con location spettacolari, e riferimenti diretti o
indiretti alle tendenze dell'arte contemporanea, e il
coinvolgimento di alcuni artisti (ad es. Peter Doig per Dior e Jon Rafman per
Balenciaga).
Fino a qui niente di nuovissimo in quanto, anche se gli ospiti
erano invitati ad assistere alle collezioni tramite cuffie e
schermo, la forma rimaneva sostanzialmente invariata. Le vere
innovazioni si trovano invece laddove alcuni direttori
artistici hanno pensato di sconfinare in terreni diversi come
il cinema, le serie televisive ed anche i videogiochi.
Particolarmente riuscito si è rivelato il
sodalizio tra Maria Grazia Chiuri della maison
Dior e
il regista Matteo Garrone, che, dopo aver girato nel 2020
Le Mythe Dior, ha
realizzato un nuovo cortometraggio per la collezione
Primavera/Estate 2021 Le
Chateau du Tarot, ambientato nel
castello di Sammezzano, vicino a Firenze e interpretato da
Agnese Claisse, figlia di Laura Morante. In esso la collezione
ricca di ricami, lunghezze e simbolismo si ispira ai tarocchi
viscontei, miniati da Bonifacio Bembo nel XV sec.,
dall'iconografia ricca di smalti, oro e intrichi vegetali e
geometrici, in omaggio alla passione di Monsieur Dior per il
mondo dei tarocchi e il loro simbolismo. Il video, sebbene
esteticamente affascinante, risulta però essere un po'
stucchevole, presentandosi come una variazione sul tema
rispetto al precedente.
Più innovativo è invece l'intervento di Gus van
Sant per
Gucci, che si rifà alla narrazione seriale: a
Novembre 2020 per presentare l'ultima collezione, in
collaborazione con l'eclettico direttore artistico della
maison Alessandro Michele, il noto regista ha girato una serie
di sette episodi dal titolo
Ouverture of Something That Never Ended.
L'idea era quella di presentare gli abiti fuori dalle
passerelle per portarli in un contesto di “vita reale” Un
episodio a sera, visibile sui canali social del marchio, dove
l'attrice e performer Silvia Calderoni si muove in una Roma
onirica circondata da comparse d'eccezione, come Achille
Bonito Oliva, Billie Eilish, Paul B. Preciado, Harry Styles.
La protagonista viene seguita nelle sue azioni più intime e
quotidiane, nei luoghi che visita, negli incontri che fa.
Spesso l'azione si sofferma nell'ascolto di monologhi o
dialoghi che si accendono attorno a lei, su temi che ispirano
la nuova tendenza della Casa di Moda (basta con la moda di
genere e la binarietà uomo/donna, a favore di una sensualità
che si esprime a 360° attraverso modalità meno stereotipate),
pensiamo al discorso di Paul Preciado sulla rivoluzione di
genere nel primo episodio o allo scambio che avviene tra
Bonito Oliva e Harry Styles sulla nostra epoca come momento di
cambiamento, di cui le arti divengono strumento. L'attrice
stessa, emblema di una sessualità androgina, in cui maschile e
femminile si confondono, riflette perfettamente l'immaginario
genderless della collezione. Se il lavoro di Gus van Sant
risulta apprezzabilissimo e innovativo nel suo genere, permane
il rischio che della narrazione proposta non rimanga che la
sottesa, seppur necessaria, volontà commerciale. Perchè,
nonostante la rivoluzionaria intenzione di estrapolare la moda
dal suo contesto ordinario e di “costruire un percorso
inedito, lontano dalle scadenze che si sono consolidate
all'interno di tale mondo”, i profitti si devono
mantenere, soprattutto se si parla di un colosso come Gucci.
Un tasto che per il momento non sembra però preoccupare il suo
direttore creativo, che anzi sta dimostrando quanto le nuove
generazioni, se interpellate direttamente attraverso forme di
comunicazione e contenuti a loro più vicini, abbiano un potere
di acquisto tutt'altro che ininfluente.
Su questa linea infatti, seppur con intenti meno
dichiaratamente artistici e più commerciali, si sono mossi
recentemente altri noti marchi, perseguendo la strategia di
agganciare quelle generazioni (Millennial e GenZ) che da un
lato possono costituire la fetta di clientela più abbondante
già a partire dalla seconda metà di questo decennio,
dall'altro fungono essi stessi da modello per interpretare le
nuove tendenze.
Balenciaga ha messo in rete dal dicembre 2020 un
videogioco in realtà aumentata:
Afterworld. The Age of
Tomorrow, pensato per raggiungere un
pubblico di consumatori di moda ancora più ampio. Il 50% dei
capi proposti sono già pronti per essere acquistati con un
click: gli avatar indossano oltre a capi sartoriali, cappotti
di pelliccia sintetica con spalle monumentali, tute spaziali e
perfino armature, sapientemente costruite utilizzando tecniche
di manifattura tradizionali. Su questa strada si erano già
avventurati sia
Louis Vuitton uomo con un gioco chiamato
Endless Runner,
che Donatella Versace apparsa in versione avatar in dicembre
al festival virtuale Complexland, dove 100 paia delle sue
sneaker Trigreca potevano essere vendute solo all'interno
dell'esperienza virtuale.
Uno sconfinamento nel campo della musica e
dell'arte contemporanea si trova nel recentissimo video
Code Temporal
firmato da Robert Del Naja (3D – Massive Attack), nato da un
dialogo tra il musicista britannico e Pierpaolo Piccioli, che
per la maison
Valentino aveva già disegnato venti look per gli avatar di Animal Crossing. Per realizzare questo film
Del Naja ha lavorato insieme all'artista neurale Mario
Klingemann per “insegnare” a un'intelligenza artificiale il
processo di lavoro dell'Haute Couture. Per tre mesi l'IA è
stata alimentata con video di “lavorazioni” realizzati negli
Atelier Valentino a Roma. “Attraverso il filtro sintetico
dell’intelligenza artificiale, emerge l’aspetto emotivo della
Couture, la celebrazione e valorizzazione della qualità umana:
un codice che si rigenera all’infinito rimanendo senza tempo”.
Oggi la moda parla attraverso una grande varietà di canali:
dalle riviste ai blog, dagli store ai social media, al cinema,
avendo modificato più volte i propri valori e le proprie
estetiche, in armonia con la visione dell'antropologia
contemporanea secondo cui non esiste nulla di naturale nel
corpo, poiché in ogni cultura il corpo è riempito di codici,
significati, segni e simboli che lo pongono in relazione col
mondo o più mondi. La moda diventa allora luogo di molteplici
saperi e osservatorio privilegiato dei mutamenti del sociale,
in cui l'estetica è diventata la maniera privilegiata
attraverso cui parlare dell'essere come apparire e delle forme
del sentire. Il titolo dell'opera di Gus Van Sant “ouverture”
potrebbe dunque essere l'incipit di un nuovo capitolo nella
storia della moda, che, travalicando i confini delle
passerelle, crei un vero spostamento dell'asse espressivo e
comunicativo sul territorio della narrazione filmica, che a
sua volta si trova costretta ad esplorare nuove possibilità
espressive, interagendo con altri linguaggi artistici.
I video citati sono tutti
reperibili su You Tube |
|
Cristina Menegolli |
|
|
|
|
|