È
senza soluzione di continuità il passaggio dall'isolamento da
lockdown alla pausa delle vacanze... Così, di
western in
western, completiamo
qui la riscoperta dei capolavori della coppia Anthony Mann
(1906-1967) - James Stewart (1908-1997).
Dopo l'asciutto bianco e
nero di
Winchester '73, dove il
passar di mano del mitico fucile a ripetizione è l'occasione
per mettere in scena molti dei tòpoi del genere (indiani,
fuorilegge, dinamiche di amicizia e amore), Mann continua la
sua galleria di personaggi dalla psicologa complessa e
tormentata, affidati sempre all'intensa espressività di
Stewart.
In
Là dove scende il fiume il doloroso
ricordo di un'impiccagione accomuna per un po' il leale Glyn e
l'infido Cole, in
Lo sperone nudo sono l'avidità e il
disprezzo per la vita che sembrano aver il sopravvento
nell'animo di Howard, ostile al mondo quasi quanto i suoi
avversari.
E se Jeff (Terra
lontana), in continua balia di
circostanze avverse, fatica ad uscire dalla sua sfiducia nel
prossimo, in
L'uomo di Laramie Will non esita a
sfidare soprusi e violenze per tacitare la sua ansia di
vendetta.
E ad accompagnare i vari cammini di redenzione
c'è sempre il pathos con cui la natura e il paesaggio
avvolgono i personaggi: l'intricato verde delle boscaglie,
l'arido concerto di sassi e macigni, l'impervio appropinquarsi
a distese e montagne innevate. Una descrizione di ambienti e
situazioni che dal 1952 in poi sfrutta al meglio l'uso del
colore. L'intensità cromatica del
western di Anthony
Mann concede ulteriore potenza espressiva ai suoi sofferti
racconti, l'allargarsi al cinemascope in
L'uomo di Laramie apre definitivamente
lo spazio schermico del suo cinema alla suggestione del mito.
Ezio Leoni |