|
PILLOLE WESTERN
|
|
classiche visioni |
|
Finisce
il lockdown, ma la febbre-western non si placa... È la
volta di
Winchester '73,
prima collaborazione tra Anthony Mann e James Stewart!
Ezio Leoni |
|
|
|
|
|
FESTIVAL DI UDINE
|
|
26 giugno - 4 luglio 2020 |
|
|
Ha 22 anni il festival
del cinema asiatico di Udine, ma non li dimostra.
La sua vitalità, frutto dell'entusiasmo di chi lo ha ideato e
lo organizza e della vasta partecipazione di un pubblico
prevalentemente giovane, ha avuto una conferma anche quest'anno,
in cui non si è svolto dal vivo, ma in streaming.
Attraverso una piattaforma elaborata in collaborazione con
Mymovie un pubblico di circa 3000 accreditati ha potuto
seguire da casa le proiezioni di 46 film provenienti da 8
paesi asiatici, con collegamenti e interviste con registi e
attori e uno spazio interattivo per commenti in diretta,
votazioni, ecc.
Come nelle edizioni dal vivo, la macchina organizzativa messa
in piedi dal CEC di Udine e in particolare da Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche ha funzionato perfettamente e
l'offerta di film si è dimostrata interessante con una
equilibrata distribuzione di tipologie di generi, dalla
commedia all'action movie, all'horror e anche qualche
escursione nel film “d'autore”.
La giuria popolare e quella degli esperti (Black
Dragon) ha assegnato:
Gelso D'Oro - BETTER DAYS di Derek
Kwok-cheung Tsang, Cina
secondo posto - VICTIM(S) di Layla Zhuquing Ji,
Malesia
terzo posto - I WEIR DO di Ming-yi Liao, Taiwan.
Gelso bianco (miglior opera prima) -
EXIT di Sang-geun Lee, Corea
Gelso Rosa (premio MyMovies) - I WEIR
DO di Ming-yi Liao, Taiwan |
I tre film vincitori
appartengono al genere commedia, che sviluppa temi
adolescenziali, coniugati in forma drammatica sia in
BETTER
DAYS che in VICTIM(S), che ruotano entrambi intorno al
problema del bullismo e in forma di favola pop girata con l'I
phone in I WEIR DO, il più interessante dal punto di vista
linguistico.
All'interno di questo genere avrebbe meritato sicuramente
maggiore attenzione il bel film di Ray Yeung
SUK SUK,
reduce di un grande successo ad Hong Kong, che racconta la
storia d'amore tra un taxista settantenne e un padre single in
pensione sullo sfondo di una Hong Kong anomala, fatta di case
popolari, lungomari deserti, bagni pubblici, saune per gay.
Yeung, che con questo film ha voluto rendere omaggio alla sua
città, nella quale è tornato a girare, affronta con grande
eleganza, naturalezza e sensibilità un tema doppiamente
difficile come quello di un rapporto tra persone dello stesso
genere e anziane, dimostrando come le dinamiche
dell'innamoramento, dell'amore e del sesso non abbiano confini
di genere e di età.
Tra gli action-movies ben due film coreani sono incentrati sul
tema “catastrofe”: EXIT di Sang-geun Lee, vincitore del
Gelso bianco come migliore opera prima e ASHFALL di Kim
Byung-seo e Lee Hae-jun. Se quest'ultimo, pur mantenendo un
ritmo incalzante per l'intera durata, non esce mai dalle
dinamiche consolidate del genere (un eroe per caso riesce a
fermare l'eruzione catastrofica di un vulcano, provocando una
esplosione nucleare), EXIT ha il merito di collocare la
vicenda, in questo caso la diffusione di matrice terroristica
di una nube tossica, all'interno di un contesto di piccola
borghesia coreana, con tutti i suoi rituali sociali
(indimenticabili gli abiti da damine dell'ottocento che le
signore indossano alla festa di compleanno), all'interno della
quale si muove il giovane protagonista, che bollato da tutti
come un perdente e un fallito, avrà il suo riscatto eroico,
scalando in free climbing i grattacieli di Seul.
Sulle sfide individuali è basato anche l'ultimo lavoro di
Johnnie To CHASING DREAM, un action
movie adrenalinico, che fonde insieme due generi, quello del
film “sportivo” e il musical, raccontando le storie incrociate
di un campione di lotta e di una aspirante cantante in un melò
assolutamente godibilissimo.
Il genere horror, sempre molto presente in questi paesi, già
dagli anni passati aveva dimostrato una certa involuzione e
una incapacità di uscire dai soliti schemi, con qualche rara
eccezione, che in questa edizione potrebbe essere
rappresentata dal film indonesiano IMPETIGORE di Yoko
Anwar , che gioca molto sul folklore e le superstizioni locali
nel raccontare le disavventure di una giovane donna che torna
al paese natale per recuperare una casa appartenuta ai
genitori, ignorando la maledizione che questa nasconde.
Se, per una precisa scelta il
FEFF di
Udine privilegia la produzione destinata al grande pubblico, è
merito dei suoi organizzatori inserire ogni anno anche qualche
piacevole eccezione costituita da film con pretese più
autoriali, che possono soddisfare le aspettative di un
pubblico più esigente e riservare delle interessanti scoperte.
è il caso di
LABYRINTH OF CINEMA di Obayashi Nobuhiko, l'ultimo lavoro
del regista giapponese, scomparso poco dopo averlo girato, che
costituisce una sorta di testamento poetico, sotto forma di
racconto visionario, che si sviluppa all'interno di una sala
prossima alla chiusura, dove con andamento onirico il regista
ripercorre la storia del Giappone e contemporaneamente del
cinema giapponese e non solo.
Una dichiarazione di poetica
attraverso le immagini è anche quella presente in
LIFE
FINDS A WAY (2019) di Watanabe Hirobumi, la vera scoperta
di questa edizione, in cui il giovane regista giapponese era
presente con ben quattro film: PARTY 'ROUND THE GLOBE
(2018), CRY (2019) e
I'M REALLY GOOD (2020).
Quanto Obayashi è visionario e sofisticato nelle scelte
stilistiche, tanto Watanabe sceglie la strada di un
minimalismo estremo sia per quanto riguarda le storie
raccontate (la vita di un allevatore di maiali in
CRY e la
quotidianità di una bambina in I'M REALLY GOOD) sia per
l'essenzialità del linguaggio, fatto per lo più di camera
fissa o di semplici carrellate a seguire. In
LIFE FINDS A WAY
il regista stesso, in crisi creativa e alla ricerca di
finanziamenti, si autoriprende mentre, per lo più in macchina,
discute con un suo collaboratore muto sulla sua idea di
cinema. Attraverso questi dialoghi e una serie di gags da
cinema delle origini, accompagnati dalla bella colonna sonora
del fratello Yuji, emergono delle riflessioni su cosa
significhi fare cinema oggi e sul cinema dei grandi maestri,
in cui l'ironia nulla toglie alla profondità.
Lunga vita al
FEFF!
Cristina Menegolli |
|
|
|
|
|
ALTRE VISIONI
|
|
visioni online |
|
|
Le mythe Dior
- Matteo Garrone
# Italia (14:43)
youtube |
La
lungimiranza di Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di
Dior e la creatività di Matteo Garrone hanno dato vita a un
bellissimo cortometraggio commissionato dalla maison Dior
e prodotto da Archimede srl (casa di produzione fondata
dallo stesso regista), con lo scopo di dare visibilità, in
epoca di lockdown, alla nuova collezione Haute Couture
Autunno-Inverno 2020-2021.
Prendendo ispirazione dalla classicità dei modelli da esporre,
ricchi di drappeggi, che esaltano la leggerezza e la
lucentezza dei tessuti, Garrone ricorre al suo immaginario
fiabesco, già ammirato in Pinocchio
e soprattutto ne Il racconto dei racconti e costruisce una
storia, che è un inno alla bellezza e alla centralità della
figura femminile nella storia dell'arte.
Una storia che parte proprio dagli atelier della celebre casa
di moda francese, dove un gruppo di sarte è impegnato con ago
e filo a realizzare dei modellini in miniatura degli abiti
della nuova collezione. Uno stacco di montaggio ci introduce
in un ambiente bucolico dove si aggirano due portantini,
vestiti con delle livree che piacerebbero a Wes Anderson, con
un baule a forma di casa di bambole, contenente piccoli
manichini, che verranno mostrati via via agli abitanti di
questo locus amoenus, fauni, ninfe, sirene, divinità,
attratte con desiderio e curiosità dai capi di abbigliamento
scelti per loro. Creature fantastiche, che appartengono alla
mitologia, reinterpretate dalla visionarietà di Garrone per
celebrare quel “mito” nel mondo della moda, che è la maison
Dior.
Le location spettacolari della Riserva Naturale del Monte
Rufeno, del Bosco del Sasseto e dei Giardini di Ninfa creano
un'atmosfera sospesa nel tempo dove classicismo e
contemporaneità si fondono in una armonia che rimanda al
concetto greco di mìmesis. La musica, composta per il
film da Paolo Buonvino, con le sue sonorità che ricordano
Satie, contribuisce ad esaltare questa atmosfera ipnotica.
Se già la casa di bambole e i modellini in miniatura fanno
leva sull'immaginario infantile di tutto il pubblico
femminile, i molti riferimenti colti al cinema, alla pittura,
alla musica, all'arte in generale, oltre a fornire stimoli
interpretativi, contribuiscono a rafforzare l'estensione del
concetto di creatività artistica al mondo della moda. Non
mancano le (auto)citazioni cinematografiche, ma soprattutto le
allusioni al mondo della pittura sono presenti in quasi tutte
le inquadrature: dalla Nascita di Venere di Botticelli
e Le disavventure di Sileno di Pietro di Cosimo ai
preraffaelliti e ai surrealisti. Gli stessi vestiti,
realizzati per la collezione, portano i nomi di alcune
protagoniste dell'entourage surrealista, come Meret Oppenheim,
Gala Eluard Dalì, Lee Miller, Dora Maar.
“L’immaginario di Matteo Garrone, così sognante, si lega
anche alla storia di Dior. Dior, nel 1933 è stato il primo a
fare una mostra di artisti surrealisti, questo mi ha portato
anche a dei riferimenti di artiste che io amo molto: Lee
Miller, Dora Maar, Leonora Carrington, Jacqueline Lamba e
Dorothea Tanning. Le loro fotografie, così surrealiste, sono
state un punto d’ispirazione per immaginare un modo diverso di
fare la collezione”. (dalla presentazione di Maria Grazia
Chiuri).
Ancora una volta Garrone si conferma come un artista che, per
la versatilità e la cultura, risulta del tutto estraneo al
provincialismo di molto cinema italiano.
Cristina Menegolli |
|
|
|
|
|