Fra
il mondo della rete e le piattaforme on demand l'immagine in
movimento ha trovato nuovi canali di trasmissione, che ne
permettono un flusso pressoché inarrestabile. Ovviamente ciò ha
comportato degli enormi mutamenti sia per quanto riguarda la
tipologia e il numero
dei
fruitori, sia per quanto attiene alle modalità del consumo, per
non parlare dei modi della rappresentazione.
Senza voler entrare nel merito della diatriba “film al
cinema < film in TV”, e dando per scontata la nostra
preferenza per la sala, non possiamo non riconoscere
l'importanza assunta dalla serialità televisiva, che ormai si è
imposta come nuova arte della narrazione, capace di competere
alla pari con il racconto cinematografico, al punto di generare
fenomeni di dipendenza (binge watching), che non hanno limiti di
età o di genere. Abbiamo perciò pensato di aprire una rubrica
dedicata a queste “altre visioni”, aperta anche al contributo
dei lettori per segnalazioni, suggerimenti. |
Nell'universo
ormai sconfinato delle
serie TV la produzione
tedesca ha occupato in questi ultimi anni un posto di tutto
rilievo, affermando anche una propria connotazione ben precisa, che si
può sintetizzare in una particolare attenzione alla propria storia,
passata e presente: le vicende raccontate non possono infatti
prescindere dal contesto in cui sono inserite. Dopo il successo nella
passata stagione di Babylon Berlin
e Dark, quest'anno sono uscite due
serie altrettanto pregevoli: Das Boot
e Dogs of Berlin, una ambientata
nel 1942 durante l'occupazione nazista della Francia, l'altra nella
contemporaneità di una Berlino multietnica con tutte le contraddizioni
di una metropoli di oggi.
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Andreas Prochaska - Ger/Fra
2018 - stagione 1 (8 episodi) |
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Christian Alvart -
Germania 2018 - stagione 1 (10 episodi) |
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Prodotta da Sky (trailer),
è basata sui romanzi Das Boot e Die Festung di
Lothar-Gunther Buchheim,
Das Boot
si ispira al bellissimo film di Wolfang Petersen
U-Boot 96 del 1981 ed è diretta da Andreas
Prochaska (già montatore di Haneke), che ne ha presentato i
primi due episodi al Festival di Torino.
Rispetto alle vicende raccontate nel mastodontico lavoro di
Peterson (300 minuti di pura claustrofobia),
Das Boot
si colloca non come remake, ma come sequel; si svolge
infatti circa nove mesi dopo quegli eventi e al thriller
bellico affianca una spy story.
La tensione claustrofobica del film di Peterson, tutto
girato all’interno del sottomarino, improponibile in una
narrazione seriale, viene qui interrotta abilmente dal
racconto di ciò che avviene contemporaneamente a terra, dove
la sorella di uno dei marinai (la bravissima Vicky Krieps de
Il filo nascosto) è
combattuta tra i rapporti con un gruppo di partigiani e le
attenzioni di un capo della Gestapo.
La serie è tutta giocata sull’alternanza di questi due mondi
paralleli, l’uno terrestre e l’altro acquatico, le cui
tensioni si riversano l’una sull’altra, alternanza che
riflette la duplice natura dei vari personaggi, ma anche
l’origine doppia del progetto. La vita a bordo del
sottomarino, con i suoi momenti frenetici di caccia e fuga,
le snervanti attese e il terrore silenzioso delle bombe di
profondità, con le tensioni e le lotte di potere tra i vari
personaggi è ricostruita in modo impeccabile, tale da
soddisfare le attese di chi ama il genere, che, da
20.000 Leghe sotto i mari a
K-19, ha dimostrato l’efficacia
di una rappresentazione che sfrutta tutti gli elementi di
uno spazio chiuso.
Un po’ più debole è risultata la parte sulla resistenza,
basata su clichè abbastanza scontati. Ma si tratta di un
dettaglio minore, all’interno di una narrazione
perfettamente riuscita, dove una sceneggiatura di ferro e un
cast di tutto rispetto (oltre alla citata Vicky Krieps,
l’affascinante Lizzy Caplan di Masters of Sex, Tom Wlaschiha
de
Il Trono di Spade e Vincent
Kartheiser di Mad Man)
convivono con una ricostruzione storica accuratissima e con
scelte di regia molto efficaci.
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Prodotta da Netfix
(trailer),
diretta da un regista che vanta un’esperienza hollywoodiana,
Christian Alvart, e interpretata da ottimi attori,
Dogs of
Berlin è ambientata
in una Berlino, che non è quella turistica, ma quella delle
periferie disagiate e presenta i connotati tipici della
metropoli tentacolare del
noir.
Qui si incrociano due vicende parallele: l’indagine
sull’omicidio di un noto calciatore turco, che gioca però
per la Germania, alla vigilia di una sfida decisiva proprio
tra Germania e Turchia, condotta da un poliziotto (Felix
Kramer), trasgressivo sia nel lavoro che nella vita privata
e quella su un gruppo di narcotrafficanti turchi guidata da
un poliziotto (Fahri Yardim) di origini turche, molto ligio
alle regole e omosessuale,. Due personalità diversissime
nell’affrontare il lavoro e la vita, le cui strade finiranno
per incontrarsi in una città infida e sibillina, dove il
confine tra criminalità e giustizia, tra il bene e il male è
assai labile.
L’universo descritto da Alvart è nero, costituito da
personaggi ambigui, che si trovano a doversi destreggiare
fra le pericolose minacce provenienti dall’ambiente esterno
(il razzismo, il risorgente nazismo, la mafia,
l’emarginazione sociale) e quelle che vengono invece
dall’interno, dalla corruzione che non risparmia i luoghi
del potere.
Chiunque è vittima di qualcosa di oscuro, da nascondere o da rivelare e
nessuno si salva. L’intreccio dei diversi rivoli della narrazione
perfettamente costruito e il ritmo adrenalinico, che meglio si prestano
a una visione binge, quale quella offerta dalla piattaforma Netfix, ne
fanno un’opera degna delle migliore tradizione cinematografica del
genere
noir.
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Cristina Menegolli
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