Indimenticabile l'apertura di questo decimo racconto di
Die zweite Heimat, che ha la forza
del suo protagonista Reinhard, ma anche la sofferenza del suo fisico malato
(un'ameba presa in Messico sul set di un documentario ivi girato insieme
a Rob), del suo spirito di artista dilaniato dall'emozione sfuggente del
reale: di fronte alle macerie della villa ormai distrutta Reinhard cerca
di far rivivere attraverso l'obiettivo della macchina da presa i ricordi
del passato, lo scempio di una realtà d'amicizia e d'ideali rasa
al suolo. L'impotenza della rappresentazione ("perché questo
maledetto occhio di vetro sa solo fissate le cose?!"), il ridimensionamento
del passato attraverso lo squallore dell'oggi ("era una casupola"
esclama Rob che prova a misurare a passi le macerie della "grande"
villa), il valore della memoria diventano l'asse portante dell'episodio
e la voce della musica dà esplicito spessore al fluire dei rimpianti:
all'"U-Boot" le discussioni filosofiche notturne s'accompagnano
alle note di Yesterday, la luce del giorno vede Hermann e tutti
gli amici di un tempo in processione alla Fuchsbau per suonare insieme
un triste requiem che egli stesso ha composto per l'occasione. Ma la voce-cinema
ha qui un peso superiore a quello della musica. Non è tanto la colonna
sonora, che Hermann sta preparando per il documentario degli amici, che
fa da epicentro narrativo quanto la sceneggiatura a cui Reinhard si dedica,
il progetto cinematografico che ha in mente e per il quale cerca i soldi
per la produzione. Ed è un nuovo personaggio, la giovane
Trixi (sorella
di Daymar, l'addetta al montaggio dello studio) che, innamorata di lui
e desiderosa di diventare attrice, gli dà il suggerimento buono:
rintracciare la ricca signora Cerphal e convincerla a finanziare il film.
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