Heimat 2

    Indimenticabile l'apertura di questo decimo racconto di Die zweite Heimat, che ha la forza del suo protagonista Reinhard, ma anche la sofferenza del suo fisico malato (un'ameba presa in Messico sul set di un documentario ivi girato insieme a Rob), del suo spirito di artista dilaniato dall'emozione sfuggente del reale: di fronte alle macerie della villa ormai distrutta Reinhard cerca di far rivivere attraverso l'obiettivo della macchina da presa i ricordi del passato, lo scempio di una realtà d'amicizia e d'ideali rasa al suolo. L'impotenza della rappresentazione ("perché questo maledetto occhio di vetro sa solo fissate le cose?!"), il ridimensionamento del passato attraverso lo squallore dell'oggi ("era una casupola" esclama Rob che prova a misurare a passi le macerie della "grande" villa), il valore della memoria diventano l'asse portante dell'episodio e la voce della musica dà esplicito spessore al fluire dei rimpianti: all'"U-Boot" le discussioni filosofiche notturne s'accompagnano alle note di Yesterday, la luce del giorno vede Hermann e tutti gli amici di un tempo in processione alla Fuchsbau per suonare insieme un triste requiem che egli stesso ha composto per l'occasione. Ma la voce-cinema ha qui un peso superiore a quello della musica. Non è tanto la colonna sonora, che Hermann sta preparando per il documentario degli amici, che fa da epicentro narrativo quanto la sceneggiatura a cui Reinhard si dedica, il progetto cinematografico che ha in mente e per il quale cerca i soldi per la produzione. Ed è un nuovo personaggio, la giovane Trixi (sorella di Daymar, l'addetta al montaggio dello studio) che, innamorata di lui e desiderosa di diventare attrice, gli dà il suggerimento buono: rintracciare la ricca signora Cerphal e convincerla a finanziare il film.
Sulle sue tracce Reinhard arriva a Venezia dove incontra invece Esther (solitaria fotografa di una città decadente), ricca di una storia personale che ha il respiro della Storia tedesca e il fascino romantico di una perfetto script da romanzo cinematografico: Esther è la figlia di Gattinger, ufficiale nazista che, per non compromettersi, lasciò morire la propria moglie (ebrea) nei campi di Dachau.
La voglia di comprendere il passato e il bisogno di ricordare, che nascono in Esther dalla struggente nostalgia per l'affetto materno perduto, diventano in
Die zweite Heimat un nuovo momento di autocoscienza per una generazione che vuole riscoprire la propria identità, ma sono soprattutto, per Reinhard, la materia d'ispirazione per la sentita sceneggiatura che via via prende corpo, intessuta romanticamente del sincero amore che ormai lo lega ad Esther ("la tua storia diventata la mia storia").
Poi Reinhard decide di ritornare in Germania e, superate le contrarietà di Esther, lascia il languore esistenziale di Venezia per rientrare nella concretezza del vivere quotidiano ("devo tornare a Monaco per vedere ciò che veramente reale".) Quell'acqua alta, che sommerge piazza S. Marco mentre se ne va, è più di un semplice sguardo documentaristico sulla laguna, è un muto, funesto presagio.
Quando Rob, per ritrovare i vecchi amic,i invita nella sua casa sull'Ammersee Hermann e Volker con le rispettive famiglie (anche Volker e Clarissa hanno avuto un bambino, Arnold), Reinhard è fuori in barca assorto a leggere la sua sceneggiatura. All'improvviso la barca si staglia vuota all'orizzonte. Mentre, a Venezia, l'ignara Esther riceve l'ultima cartolina del suo caro Reinhard, sul lago le barche di soccorso scandagliano la zona per una disperata, estrema ricerca...