È il 1960, a Schabbach, nella sua camera,
Hermann
Simon (classe 1940) vive l'angoscia dell'amore perduto. La famiglia lo ha separato
da Klärchen (più vecchia di lui di 11 anni) e
il
suo cuore non vuole sentire ragioni. La preghiera-promessa che Hermann pronuncia
un rifiuto dell'effimera intensità dei sentimenti. Per lui non ci potrà
essere altra donna nella vita e solo nell'arte dovrà trovare sfogo la
sua sensibilità ("la musica sarà il mio unico amore e
la mia patria"). Superato l'esame di maturità con un cavilloso
discorso alla prova di religione ed un acclamatissimo canto trionfale (su testo
di Rilke), Hermann, che ha ricevuto in regalo dal suo professore la pianta di
Monaco, sceglie di trasferirsi nella grande città della Baviera per studiare
composizione e ritrovare se stesso ("me ne vado a cercare la
mia seconda patria").
A Monaco Hermann si ritrova subito in difficoltà:
il dottor Bretschneider, penalista amico del
suo professore di musica non ha dove ospitarlo, la mastodontica
signora
Moretti gli promette invano una stanza e all'università le
prove d'ammissione sembrano proibitive. Hermann comunque le supera e stringe
le prime amicizie:
Renate, "bruttina
come il suo dialetto" ma generosa di attenzioni e Juan, multiforme
artista cileno che gli infonde fiducia nella creatività dell'espressione
musicale. Stefan,
Reinhard,
Rob e
Ansgar
quattro amici-cineasti (accompagnati dalla bionda
Olga,
aspirante attrice) cercano di coinvolgerlo nelle loro riprese sulla realtà
giovanile, ma è
Clemens, una lontana
conoscenza dell'Hunsrück, che gli trova posto nella sua stanza presso
il carbonaio Josef. Hermann conosce
Jean-Marie
e Volker, che lo introducono alla musica d'avanguardia
(il suo primo miniconcerto sarà "Un minuto di non-musica")
e la violoncellista
Clarissa dalla quale egli
resta subito affascinato. Ma il flusso dei sentimenti per il giovane Simon
è sempre al limite della sofferenza: mentre è ancora forte
in lui la nostalgia della sua Schabbach ("quando non parlo dialetto
mi sembra di mentire"), al ritorno nella sua stanza scopre che
Clemens non ha saputo trattenere una donna che lo cercava con ansia. Tra
le mani non gli resta che una lettera con l'addio definitivo dell'amatissima
Klärchen...
In questo primo episodio Reitz gioca già tutte le sue carte
di forme e di contenuti: la pregnanza del testo (che si espliciterà in
un'affascinante concatenazione dello sviluppo della sceneggiatura e in una mai
doma ricchezza letteraria dei dialoghi), il peso artistico-evolutivo
della musica per i protagonisti e per le dinamiche culturali del novecento,
l'uso programmatico della fotografia e del
colore che
cadenza scorrevolmente i tempi narrativi ma che osa rare impennate espressionistiche
ad esaltare l'evocatività del racconto. Nelle scene iniziali, mentre
Hermann è solo nella sua camera di fronte allo specchio, la sua involuzione
psicologica viene acuita visivamente dal colore iperreale della sua immagine
riflessa, che contrasta ancor più con l'esplosione di luce che di lì
a poco invaderà la camera, quando il giovane si deciderà a "riaprire
la propria porta" sul mondo esterno. |