Parliamo delle mie donne

Jacques, fotografo di guerra di fama internazionale e padre assente, trascorre più tempo a prendersi cura della sua fotocamera che delle sue quattro figlie Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Trasferitosi da Parigi a Praz-sur-Arly, un paesino ai piedi del Monte Bianco, vuole trascorrere un felice riposo dal lavoro in una splendida baita nelle Alpi con la sua nuova compagna Nathalie. Jacques, però, sente di essere arrivato a un momento dove, per essere realmente appagato, ha bisogno di riconciliarsi con la sua famiglia e le sue quattro figlie, avute da donne differenti. Compito arduo, perché lui ha sempre preferito il lavoro agli affetti familiari. Così, il suo migliore amico Frédéric, spinto da una profonda e irrazionale amicizia, tenterà di farlo riconciliare con la famiglia attraverso una messinscena. Un’oscura menzogna che sconvolgerà la sua vita e quella delle persone intorno a lui, in quei giorni di apparente e festosa tranquillità. Cinema romantico (e semiatobiografico) a più voci, più lezioso che cinico, ma sempre di accattivante eleganza.

 

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Parigi può attendere

Anne è a un bivio nella sua vita. Da tempo sposata con un produttore cinematografico di successo, ma disattento, la donna si trova inaspettatamente a fare un viaggio in auto da Cannes a Parigi in compagnia di un socio in affari di suo marito. Quella che sarebbe dovuta essere una gita di sette ore si trasforma in una spensierata avventura, lunga due giorni e piena di deviazioni che porteranno Anne in luoghi pittoreschi e ad assaggiare buon cibo e vino. Tra umorismo, perle di saggezza e romanticismo, i sensi di Anne si risveglieranno dandole una nuova voglia di vivere. Commedia “irriducibilmente” americana: la felicità è il punto d’arrivo di un delicato road-movie.

 

 

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Il piacere

 

Ophuls, in questo che rappresenta uno dei vertici della sua filmografia, dichiara da subito ed esplicitamente la propria funzione di ‘narratore’ che si confronta con un altro e ben titolato narratore: Guy de Maupassant. Nei tre racconti che illustrano i rapporti del piacere con l’amore, con la purezza e con la morte, il grande regista tedesco torna a riflettere sullo scorrere del tempo.

 

 

 

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Il fiore del mio segreto

 

Leocadia Marcia detta Leo che, con lo pseudonimo di Amanda Oris, scrive romanzi rosa di successo, sprofonda in una duplice crisi: sta per essere abbandonata dal marito amatissimo e non ne può più di scrivere romanzetti. Tenta il suicidio, elabora il lutto, riscopre le proprie radici, raggiungendo la madre nel villaggio natio della Mancha (patria del regista e di Don Chisciotte). Un Almodóvar più limpido del solito, come riconciliato, in una commedia spruzzata, invece che intinta, di grottesco che vive della sua dolorante eroina e dei suoi rapporti con gli altri personaggi, specialmente femminili, raccontati con affetto, tenera ironia, leggerezza..

 

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Lady Macbeth

Campagna inglese, 1865. A 17 anni, Katherine è costretta a un matrimonio senza amore con un uomo di mezza età. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, inizia una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti. Il tutto narrato con inquadrature ampie e decise, totale e benedetta assenza di musica, gusto molto corporale per la vita materiale dell’epoca. La regia sceglie infatti una via di sottrazione narrativa che raffredda le emozioni solo per farle esplodere al momento opportuno in modo più bruciante: Lady Macbeth è la parabola di una donna che, pur nel modo sbagliato, vuole affermare a tutti costi la propria indipendenza, sovvertendo, anche con la violenza, un destino apparentemente ineluttabile. Un esordio insolito, bello e sconvolgente.

 

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Jules e Jim

 

Lo svolgersi, attraverso gli anni e la brusca separazione per la prima guerra mondiale, della lunga storia di amicizia e amore tra due amici e la donna amata da entrambi. Uno dei capolavori di François Truffaut, ancor oggi un film «leggero, puro, aereo» che non si preoccupa di trarre una morale dal comportamento del suoi personaggi… uno struggente canto di liberta e anticonformismo!

 

 

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Quello che so di lei

Claire è un’ostetrica eccellente e talentuosa, con un’abilità naturale e il tocco più delicato per far nascere i bambini. Con il passare del tempo, però, i suoi modi delicati, il suo senso di orgoglio e di responsabilità iniziano a scontrarsi con i metodi più efficienti dei moderni ospedali. Così, giunta ormai alla fine della sua carriera, Claire comincia a mettere in discussione il proprio ruolo e le sue abilità. Poi, un giorno, la donna riceve una strana telefonata, una voce dal passato. Si tratta di Béatrice, la stravagante e frivola amante del suo defunto padre, sparita senza lasciare traccia trent’anni prima. Quest’ultima ha importanti e urgenti notizie per lei e vuole rivederla. È così che la ipercoscienziosa Claire e lo spirito libero, amante della vita Béatrice impareranno ad accettarsi l’un l’altra e, rivelandosi vecchi segreti, recupereranno gli anni perduti.
Martin Provost trova la coerenza narrativa, il taglio e la precisione del romanzesco femminile, l’incredibile mélo delle cose della vita alla Sautet ma anche alla Balzac, agganciandoci a una storia di cui diventiamo via via appassionati complici..
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Io danzerò

Stati Uniti, seconda metà dell’Ottocento. Dopo la morte di suo padre, un cercatore d’oro, la 25enne Mary-Louise Fuller (Soko) abbandona il West americano per raggiungere la madre a New York e perseguire il sogno di diventare un’attrice. Una sera, per evitare di cadere sul palco a causa del lungo abito attorcigliato intorno al corpo, la ragazza si libera con un gesto che in seguito fa la sua fortuna diventando noto come “danza serpentina”. Da quel momento, infatti, per Mary-Louise si spalancano le porte del successo e con il nome di Loïe Fuller inizia la sua nuova frenetica vita: a Parigi diventa la “fata della luce”, star delle Folies Bergères e simbolo di una generazione. L’incontro con Isadora Duncan (Lily-Rose Melody Depp) cambiarà presto le carte in tavola…  Un biopic seducente, dalle magnifiche coreografie, che nell’ultima parte cede al mélo fiammeggiante. (…) Nella parte di Isadora si fa notare Lily-Rose Dep, ma la scena è tutta per la cantante Soko!

 

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