A Quiet Passion

Chi era Emily Dickinson? Che tipo di persona si nascondeva dietro la poetessa che ha trascorso la maggior parte della vita chiusa nella tenuta dei suoi genitori a Amherst, nel Massachusetts? Ambientato nella villa di famiglia, il film ritrae una donna non convenzionale, uno spirito indomito che ha compiuto la sua lotta solitaria e disperata per esprimersi attraverso la poesia e ottenere il proprio riconoscimento in un mondo dominato dagli uomini. Davies riesce a entrare in sintonia con il personaggio assolvendo pienamente al suo ruolo artistico lanciando il salvagente della poesia come lenimento al male. Un film non solo attento al valore della parola ma che restituisce un ritratto preciso dell’artista americana, fuori dal mito ma perfettamente ridefinita nella sua umanità.

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Il lungo giorno finisce

Tra il 1955 e il ’56, un anno nella vita dell’undicenne Bud (Leight McCormack), sospeso tra l’amore per la madre e i primi turbamenti omosessuali, il misticismo delle cerimonie religiose, la crudeltà della scuola, il fascino del cinema e della musica. Una narrazione non lineare ma che procede piuttosto per accumulo: immagini e soprattutto di suoni, dove esperienza vissuta e fantasia si mescolano in maniera indissolubile. Davies è abile nell’evitare qualsiasi manierismo, creando un’atmosfera vagamente onirica, a dir poco suggestiva e spiazzante, che restituisce un senso di solitudine e al contempo di magia e meraviglia.

 

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Voci lontane… Sempre presenti

Durante la seconda guerra mondiale, a Liverpool, tre giovani fratelli – Eileen, Maisie e Tony – crescono ossessionati dai contrasti con il padre che continuamente sottopone a violenza la moglie quando tenta di opporsi alla sua ira. Divenuti adulti, dopo che il padre, prima di morire, ha riconosciuto i suoi torti, i tre si sposano in tempi diversi: ma ognuno dei tre, il giorno delle nozze, avverte la mancanza del genitore, ricordandolo nei suoi rari momenti di umanità. Cinema personale, elegante e intelligente, che sa toccare corde emotive universali con semplicità ed efficacia davvero sorprendenti.

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The Terence Davies Trilogy

In tre episodi (in origine tre cortometraggi: ChildrenMadonna and ChildDeath and Transfiguartion) la vita di Robert Tucker, un omosessuale cattolico di Liverpool, nato in una famiglia dove l’affetto è tanto latente quanto è invece presente la violenza, e mandato a studiare in una rigida scuola. Dopo la morte del padre, che segnerà profondamente la sua esistenza, Robert, ormai adulto, torna a vivere con la madre e lavora in ufficio piuttosto desolante, vivendo come un recluso a causa della sua omosessualità. Rimasto solo dopo la scomparsa della madre, ormai anziano e malato, a Robert Tucker non resta che attendere la morte, ripensando agli avvenimenti della propria vita.

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Chiamami col tuo nome


Estate 1983, tra le province di Brescia e Bergamo, Elio Perlman, un diciassettene italoamericano di origine ebraica, vive con i genitori nella loro villa del XVII secolo. Un giorno li raggiunge Oliver, uno studente ventiquattrenne che sta lavorando al dottorato con il padre di Elio, docente universitario. Elio viene immediatamente attratto da questa presenza che si trasformerà in un rapporto che cambierà profondamente la vita del ragazzo. Una traiettoria esistenziale che la regia di Guadagnino restituisce in passaggi inattesi, tra dolcezza e passionalità, cercando di cogliere e mettere in scena il movimento intimo del desiderio.


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Omicidio al Cairo

Egitto, 2011. Alcune settimane prima della Rivoluzione. Una donna testimone di un omicidio in un hotel di lusso e Noredin, un poliziotto mediocre e corrotto a cui viene assegnato il caso. Presto diventa chiaro che le persone importanti della città non vogliono che si faccia luce sull’omicidio. Si innesca così un gioco sanguinario nel tentativo di insabbiare le prove. Ma, quando Noredin sceglie di spezzare le regole per ottenere giustizia, entra in conflitto non solo con il sistema, ma anche con se stesso. Omicidio al Cairo trasforma la trama noir in coraggiosa invettiva politica:la sicurezza del Potere si poggia sull’insicurezza dei cittadini. E la primavera (araba) tarda ad arrivare.
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Il mio Godard

Parigi 1967. Jean-Luc Godard, il cineasta più in vista della sua generazione, gira “La cinese” con la donna che ama, Anne Wiazemsky, più giovane di lui di 20 anni. Sono felici, innamorati, affascinanti e si sposano. Ma quando il film esce, l’accoglienza che riceve porta Jean-Luc a rimettere profondamente in discussione le sue idee. Il Maggio ’68 non fa che amplificare il processo e la crisi che scuote Jean-Luc lo trasformerà radicalmente: da cineasta star ad artista maoista fuori dal sistema, tanto incompreso quanto incomprensibile. Hazanavicius, trovando un equilibrio miracoloso tra satira e omaggio, affettuoso sfottò e deferenza, fornisce un ritratto implacabile del vate della Nouvelle Vague.

 

 

 

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La stanza delle meraviglie

Ben e Rose sono due bambini di epoche diverse che segretamente desiderano una vita diversa dalla propria. Ben cerca il padre che non ha mai conosciuto, Rose sogna una misteriosa attrice di cui raccoglie foto e notizie nel suo album. Due storie parallele ambientate in periodi storici diversi – la prima negli anni Settanta, la seconda negli anni Venti, girata in bianco e nero, come fosse un film muto – destinate a incrociarsi in maniera inaspettata e rocambolesca. Una storia di grande fascino, un omaggio al cinema delle origini capace di restituire anche tutta la complessità del mondo infantile e la densità di quello silenzioso.

 

 

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Bande À Part

Arthur e Franz, due cinici parigini, sono a corto di denaro. Incontrano Odile ad un corso di inglese e la giovane si lascia sfuggire che il maggiordomo di sua zia Victoria custodisce una grossa somma di denaro in un armadio. I due sono attratti entrambi dalla ragazza, ma molto di più dal denaro e progettano di fare un colpo. I due convincono Odile a diventare loro complice. La giovane, dapprima riluttante, accetta, anche perché infatuata di Arthur, ma le cose non andranno nel modo previsto… Una commedia brillante in cui sembra non si prenda niente sul serio è in realtà un film malinconico sull’amore e la morte”. Un film che è entrato tra i classici della filmografia di Godard e del cinema tout court.

 

 

 

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Come un gatto in tangenziale

 

La storia è quella di Giovanni, intellettuale impegnato e profeta dell’integrazione sociale che vive nel centro di Roma, e Monica, ex cassiera di supermercato residente nella periferia della Capitale. Due mondi diametralmente opposti che si incontrano per caso, a causa del fidanzamento dei rispettivi figli che i genitori tentano in ogni modo di ostacolare. Per portare a termine il comune proposito, i due cominciano, loro malgrado, a frequentarsi e ad entrare l’uno nel mondo dell’altro… Con un umorismo che, sotto l’immediatezza a volte rustica di dialoghi e gag, cercherebbe una sua meditata “politica” finezza Milani gioca senza remore con gli stereotipi anni 70. Il tentativo di na nuova sitcom extra televisiva?

 

 

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