The Goldfinger

Jin shouzhi
Hong Kong/Cina, 2023 (126′)

UDINE – Come 12.12: The Day anche The Goldfinger di Felix Chong (realizzato con un budget straordinario di 350 milioni di dollari) si ispira ad un evento realmente accaduto: l’ascesa e la caduta del Carrian Group, azienda finanziaria fondata negli anni ’70 da George Tan (nel film Henry Ching, interpretato da Tony Leung) e crollata, come molte altre, nel 1983 in seguito all’accordo Cina-Regno Unito.

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Three Seasons

Ba Mùa
Vietnam 1999 (113′)

UDINE – La ricca retrospettiva di questo FEFF 26 ha offerto la possibilità di vedere restaurato il bel film di Tony Bui Three Seasons (1999), primo film americano girato da un regista vietno-americano nel sud-est asiatico dopo la guerra del Vietnam in lingua vietnamita e con attori vietnamiti, premiato al Sundance, ma poi scomparso e reperibile soltanto su Youtube.

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12.12: The Day

South Korea 2023 (142′)

UDINE – Il film di Kim Sung-soo 12.12: The Day, è un blockbuster, che in Corea ha raggiunto il massimo di visualizzazioni: 13 milioni di biglietti venduti (praticamente è stato visto da un coreano su quattro) e racconta il colpo di stato con cui il generale Chun, fondatore del club militare segreto Hanahoe, mise fine alla cosiddetta “primavera di Seul”, il breve periodo succeduto all’assassinio, il 26 ottobre 1976, del presidente-dittatore Park Chung-hee, che aveva fatto sperare ai Coreani di poter instaurare riforme democratiche.

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Gli inesorabili

Il vecchio Abe, in divisa confederata e con la sciabola, si aggira minaccioso per la pianura, recitando versetti biblici. Le sue invettive sono rivolte alla famiglia Zachary: l’anziana madre Mattilda, i tre maschi Ben, Cash e Andy e la figlia adottiva Rachel. È un momento cruciale per la vendita del bestiame che Ben, con il suo socio Zeb Rawlins, sta per portare a Wichita. Ma la situazione precipita. Il vecchio insinua che Rachel è di origine indiana, rapita in fasce ad una tribù Kiowa e sono proprio gli indiani a farsi vivi perché il capo Lost Bird vuole riavere sua sorella. Chi ci rimette è subito Charlie Rawlins, il giovane fidanzato di Rachel,che viene ucciso scatenando così nella comunità un astio generale verso gli Zachary. Il vecchio Abe viene allora catturato, ma anche con una corda al collo conferma le sue accuse e Mattilda fa sì che muoia impiccato, pur di non dover rivelare quello che ormai a tutti è evidente. Il suo segreto dura infatti per poco e gli Zachary si trovano isolati, ben presto asserragliati nella loro casa ad affrontare l’assalto dei Kiowa. Ben, Andy Rachel e Mattilda (Cash se n’è andato non accettando che sua sorella sia un’indiana) si difendono strenuamente: la vecchia madre muore, Andy resta ferito, la casa viene incendiata, ma sono i Kiowa ad avere la peggio. E quando tra le fiamme Lost Bird, ultimo rimasto, riesce a arrivare faccia a faccia con Rachel è lei a sparare, uccidendo il fratello di sangue. Mentre il fumo si dirada un cielo terso accoglie i fratelli Zachary (Cash è poi tornato a combattere con gli altri) e l’ineluttabile idillio tra Ben e Rachel.

The Unforgiven
USA 1960 (125′)

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Sentieri selvaggi

Texas, 1868. A tre anni dal termine della guerra di secessione Ethan Edwards torna a casa. Lo accolgono il fratello Aaron, la cognata Martha (che prova per lui un tormentato affetto), le loro due figlie Lucy e Debbie, il figlio minore Ben e il figlio adottivo Martin, un mezzo-sangue Cherokee. Già il giorno seguente Ethan si rimette però in sella, seguito da Martin, per accompagnare il capitano-reverendo Clayton e i suoi sulle tracce di una banda di Comanche, razziatori di bestiame. Troppo tardi si rendono conto che l’incursione era un pretesto per attirarli lontano dalle loro abitazioni. Sul far della notte gli indiani, guidati dal capo Scar, piombano sulla casa degli Edwards, trucidando la famiglia e rapendo le ragazze. Scoperto il massacro il gruppo riprende l’inseguimento dei Comanche ma, dopo essere sfuggiti a un’imboscata, la maggior parte degli uomini decide di rinunciare. Solo Ethan, Martin e Brad Jorgensen, il fidanzato di Lucy, non demordono e arrivano, di lì a poco, a ritrovare il corpo di Lucy uccisa e seviziata: Brad, impazzito dal dolore, si lancia in un attacco suicida. Ethan, che è spinto da un un cieco odio per i Comanche, continua con Martin la caccia… Dopo due anni di lunghi e infruttuosi spostamenti dal sud-ovest al nord degli Stati Uniti, i due fanno una tappa a casa dove Martin ritrova l’amata Laurie (Jorgensen), ma subito una nuova traccia (un lembo del vestito di Debbie) li induce a riprendere le ricerche. Diventa così una continua peregrinazione quella dei due searchers tra brulle praterie e colline innevate, cadenzata da agguati (ma chi vorrebbe derubare Ethan ci lascerà la pelle), momenti sereni (dopo una trattativa commerciale con gli indiani Martin si ritrova sposato a una squaw), un vano incontro con alcune donne bianche liberate dall’esercito e un drammatico colpo di scena: riusciti a raggiungere alfine l’accampamento di Scar, trovano lì Debby la quale però, ormai adolescente e sposata proprio al capo Comanche, non vuole lasciare la sua nuova realtà. L’istinto di Ethan è quello di ucciderla, ma viene ferito dagli indiani e lui e Martin devono ingaggiare un’aspra battaglia per riuscire a cavarsela. Quando tornano in Texas sono passati ormai cinque anni e arrivano proprio nel giorno in cui Laurie, che aveva perso le speranze nell’amore di Martin, sta per convolare a nozze con il postino Charlie McCorry. Il loro arrivo manda all’aria la cerimonia, Martin non sa trattenere il suo affetto per Laurie e tra lui e Charlie scoppia una inevitabile rissa. Ma il nuovo snodo narrativo arriva con la notizia, portata dal vecchio Mose Harper, che la tribù di Scar è accampata nelle vicinanze. Martin riesce introdursi nottetempo nel campo indiano, ammazza Scar e convince Debbie a fuggire prima che Clayton e i suoi sferrino l’attacco. Quando poi Ethan raggiunge Martin e Debbie la sua intenzione è di uccidere la ragazza, ma all’ultimo ci ripensa e la stringe tra le braccia. Al ritorno dagli Jorgensen, Martin ritrova ad aspettarlo la sua Laurie, ma per Ethan non esiste risocializzazione. La porta si chiude lasciandolo solo, ad incamminarsi nella prateria.

The Searchers
USA 1956 (119′)

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Sterben

Germania 2024 (180′)
BERLINALE 70° – Orso d’argento per la miglior sceneggiatura

BERLINO – Occorre non lasciarsi fuorviare dal titolo: Sterben (Dying in inglese, Morire in italiano) non è in realtà una meditazione sulla morte bensì sul vivere, sulle difficoltà e le tragedie che costellano l’esistenza di tutte le famiglie, in vari modi e a vari livelli, dalla nascita appunto alla morte. Nulla ci viene risparmiato: cancro, demenza senile, alcolismo, depressione, suicidio. E tuttavia quello presentato a Berlino dal regista tedesco Matthias Glasner è, per tutte le sue tre ore di durata, un film toccante, avvincente, complesso, denso di richiami e significati profondi. Non per niente premiato con l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura.

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My Favorite Cake

Keyke mahboobe man
Iran/Francia/Svezia/Germania 2024 (97′)

BERLINO – Ci risiamo. Tutto secondo una ormai consolidata tradizione. Non serve che per ben tre volte in tempi recenti la cinematografia iraniana si sia aggiudicato il Golden Bear neache sia l’unica arte a dar lustro a livello internazionale a questo sciagurato paese. Anche stavolta a Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, registi del delizioso My Favorite Cake, miglior film del concorso secondo noi, vengono dallo ottuso regime teocratico ritirati i passaporti e rischiano di finire sotto processo. E naturalmente mai l’opera verrà distribuita nelle sale cinematografiche del paese.

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La cocina

USA 2024 (139′)

BERLINO – Liberamente tratto dalla piece teatrale The Kitchen di Arnold Wesker, uno degli ‘angry young men’ che alla fine degli anni ‘50 rivoluzionarono la scena inglese, La cocina di Alonso Ruiz, è senz’altro uno dei film più interessanti passati a Berlino quest‘anno. Il regista, qui al suo esordio in lingua inglese (facile da pensarsi come un primo passo verso un futuro Hollywoodiano, sull’esempio dei suoi connazionali Inarritu, Quaron e Del toro), non è peraltro nuovo al circuito festivaliero. Ricordiamo, qualche anno fa in concorso proprio qui a Berlino, il film Museo con Gabriel Garcia Bernal, e soprattutto ancora prima Gueros, appassionante ritratto in bianco e nero della gioventù universitaria di Città del Messico durante le fatidiche Olimpiadi del 1968.

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The Animal Kingdom

In un futuro prossimo misteriose mutazioni hanno portato gli esseri umani a sviluppare elementi vicini ad alcune specie animali. Dopo due anni dal manifestarsi delle prime mutazioni, la società ha istituito centri socializzati dove prendersi cura delle “creature”. Ma quando, per un incidente, queste si disperdono nell’ambiente circostante, la situazione precipita e il giovane Émile e suo padre si trovano coinvolti in una straordinaria avventura.

Le regne animal
Francia 2023 (131′)
5 Cesar 2024

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TORINO – A volte i film che disegnano futuri scenari apocalittici deludono per la banalità degli schemi o per l’eccesso di retorica nell’esaltare i valori che ci potrebbero salvare. Le règne animal, fantasy-horror del regista francese Thomas Cailley, proposto a Cannes nella sezione Un certain regard, poi fuori concorso qui a Torino, si fa apprezzare perché dà alla riflessione un percorso non scontato e coinvolge lo spettatore sfruttando bene la dimensione sensoriale del cinema.

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Birth

Corea 2023 (155′)

TORINO – Una delle opere più interessanti presentate in concorso in questa 41° edizione del TFF è risultata Birth della giovane regista coreana Jiyoung Yoo. Un film che sviluppa due temi molto forti, quello della maternità indesiderata e quello dell’egotismo dell’artista, attraverso una storia condotta con uno stile asciutto e raffinato e una grande coerenza compositiva.

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