Zan – Killing


Giappone 2018 – 1h 20′

 VENEZIA – Con Nobi – Fires on the plane (2014), il regista giapponese Shin’ya Tsukamoto scaraventava lo spettatore dentro l’orrore puro della guerra e lo costringeva ad assistere al semplice e deflagrante annientamento dell’umanità del suo protagonista. A quattro anni di distanza da quel bellissimo e sentito remake (del film di Kon Ichikawa del 1959), il regista di Tokyo torna nel concorso ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia con Zan – Killing, un film purtroppo ignorato nel palmaresse del Festival, ma comunque tra i più belli e necessari tra quelli presentati al Lido quest’anno.

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La ballata di Buster Scruggs

Un western in sei episodi, con molto sarcasmo, sprazzi di humor nero e uno sguardo disincantato sull’epopea della frontiera. Almeno due capitoli indimenticabili con la memorabile forza d’animo di Tom Waits e il malinconico sguardo di Zoe Kazan.


The Ballad of Buster Scruggs

USA 2018 – 2h 13′

75° Festival di VE: premio miglior sceneggiatura

 VENEZIA – Scusi dov’è il western? La parafrasi del titolo del vecchio film di Aldrich (1979) fa da domanda retorica per inquadrare la situazione di questi anni del genere principe del cinema USA. Possiamo ascrivere solo i recenti Damsel e Hostiles (e, qui a Venezia The Sister Brothers) o appellarsi ai remake degli ultimi anni: Quel treno per Yuma (James Mangold, 2007), Il Grinta (Joel ed Ethan Coen, 2010), I magnifici 7 (Antoine Fuqua, 2016). 

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Un affare di famiglia

Giappone. Una famiglia che fatica ad arrivare alla fine del mese cerca di far quadrare i conti commettendo piccoli furtarelli nei negozi. Quando incontrano una ragazzina che pensano essere senza casa, sono felici di accoglierla, ma presto scoprono la verità su di lei e alcuni segreti vengono alla luce. È il conflitto tra legge morale e legge sociale ciò che anima questo spiazzante ritratto di famiglia allargata. Una commedia che volge al dramma, a cui accostarsi con circospezione…


Shoplifters
Giappone 2018 – 2h 1′
Cannes 71° – Palma d’oro

 CANNES – Ancora una Palma d’oro di fronte alla quale mi trovo sconcertato e isolato, di fronte al giudizio positivo della maggior parte della stampa specializzata, italiana e straniera. Il fatto è che Hirokazu Kore-Eda, regista vincitore a Cannes con Shoplifters, ha senz’altro alle spalle una coerente ventennale parabola artistica, con ben cinque presenze sulla Croisette di cui una (Father and Son) insignita del Gran Premio della giuria nel 2013. In questo senso (come già accaduto con Audiard per Deephan due anni fa) la Palma d’oro potrebbe essere vista quasi come un premio alla carriera.

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Tutti lo sanno

Laura arriva da Buenos Aires con la famiglia per una celebrazione nella sua città natale. Quella che doveva essere una breve visita di famiglia verrà turbata da eventi imprevisti che cambieranno le loro vite completamente… Scene “dietro” un matrimonio: un dramma di relazioni febbrili e dinamiche familiari incandescenti.


Todos lo saben/Everybody Knows
Spagna/Francia 2018 – 2h 10′

 CANNES – Se, come abbiamo visto in 3 Faces, le indubbie difficoltà economiche e logistiche non hanno impedito a Panahi di fare cinema e, pur coi limiti evidenti della vicenda, di mantenere un rapporto profondo e genuino con la sua terra, con la sua storia e la tradizione del miglior cinema iraniano, il contrario sembra essere accaduto ad Asghar Farhadi.

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Tre volti

La diva iraniana Behnaz Jafari riceve un videomessaggio di una giovane ragazza che filma il proprio suicidio, giunta alla disperazione per non poter realizzare il suo sogno di diventare attrice. Pur sospettando che si tratti di una simulazione per attirare l’attenzione su di sé, Behnaz si mette in viaggio col regista Jafar Panahi per recarsi al villaggio della ragazza: incontri, testimonianze… Con una “piccola” idea, Jafar Panahi realizza un grande film sulla condizione della donna nell’Iran di oggi, evidenziando il ricorrente rapporto popolare col sogno del cinema!


Se rokh – Trois Visages
Iran 2018 – 1h 42′

CANNES 2018 – Premio per la sceneggiatura (ex-aequo)

 CANNES – Da quando, nel 2010, una sentenza del tribunale religioso iraniano gli vieta ufficialmente (e per i prossimi 20 anni) di girare film e di uscire dal paese, il regista Jafar Panahi non si è certo dato per vinto, inventandosi una specie di cinema autarchico, fatto in casa, senza mezzi né personale tecnico né attori veri e propri e con se stesso come protagonista. E riuscendo tra l’altro a far giungere i suoi film (clandestinamente? col tacito assenso delle autorità?) ai maggiori festival internazionali che naturalmente guardano a lui con grande simpatia.

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Cold War

Durante la guerra fredda, tra la Polonia staliniana e la Parigi bohémienne degli anni ’50, un musicista in cerca di libertà e una giovane cantante vivono un amore impossibile in un’epoca impossibile. Romantico e melanconico, Col War ha un ritmo vorticoso e avvolgente: perfetti regia e montaggio, straordinaria la colonna sonora.


Zimna wojna
Polonia 2018 – 1h 25′

CANNES 2018 – Premio alla regia

 CANNES – Radicato in Inghilterra fin da giovanissimo, il polacco Pawel Pawlikowski torna a girare per la seconda volta nella sua terra natale, dopo il successo di Ida, premio Oscar 2016 per il miglior film straniero. Realizzato nello stesso nitido, patinato bianco e nero e nello stesso evocativo formato quadrato 4:3, Cold War, premiato “solo” per la miglior regia è di nuovo un trionfo in tutti sensi..

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Lazzaro felice

L’apologo dolce amaro del giovane Lazzaro, anima buona e pura che canta alla luna e parla coi lupi. Dapprima in una enclave fuori dal mondo di contadini coltivatori di tabacco sfruttati da una spietata megera, la marchesa Alfonsina Della Luna, in una Italia centrale dei primi anni 80 (ma sembra di essere un secolo prima, tipo Albero degli zoccoli di Olmi!). Poi in una comunità di diseredati dei giorni nostri, da qualche parte tra Milano e Torino. Ovunque lo sguardo sereno e complice di Alice Rohrwacher, da sempre dalla parte degli ultimi. Film scombinato, bizzarro, irrisolto, ma affascinante, da vedere!


Italia 2018 – 2h 10′

CANNES 2018 – Premio per la sceneggiatura (ex-aequo)

 CANNES – Beniamina del festival, che la aveva tenuta a battesimo nel 2009 con Corpo celeste e poi premiata (un po’ generosamente forse) nel 2014 con Le meraviglie, Alice Rohrwacher torna quest’anno con Lazzaro felice confermando le sue doti autoriali ma anche mancanze e difetti, dovuti quasi ad un eccesso di ispirazione.

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Dogman

In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato. Garrone è capace di raccontare un’Italia marginale disintossicando la narrazione dalla volgarità standardizzata dei media e restituendo dignità ferita ai suoi personaggi.


Francia/Italia 2018 – 1h 40′

CANNES 2017 – Premio per l’Interpretazione maschile (Marcello Fonte)

 CANNES – È un fatto di cronaca atroce quello a cui si è ispirato Garrone per questo film, tanto atroce che il suo ricordo persiste nella memoria di molti di noi, ma la parola che ricorre di più nel film è “amore”.

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I segreti di Wind River

Riserva indiana dello Wyoming. Cory, un cacciatore solitario, ritrova durante un’escursione tra le nevi il corpo senza vita di una giovane nativa americana. Mosso anche da un trauma del suo passato decide di unirsi a Jane, giovane agente FBI in una pericolosa caccia all’assassino, verso una sconvolgente verità. L’armonia della natura e l’assurda malvagità del genere umano… Un thriller neo-western in cui emerge, da protagonista, il bianco silenzio del paesaggio.

Wind River
USA 2017 – 1h 51′

CANNES 2017 – Un Certain Regard – miglior regia

 TORINO – Il bianco della neve, il rosso del sangue fotografano le contrapposizioni essenziali de I segreti di Wind River; molto più complesse le dinamiche narrative e le derive psicologiche che accompagnano i personaggi. A partire dal protagonista Cory (Jeremy Runner), cacciatore di predatori nella selvaggia riserva indiana dello Wyoming, con alle spalle un fardello d’angoscia di cui si verrà a conoscenza nel corso del tempo filmico: una figlia adolescente violentata e uccisa proprio in occasione dell’unica vacanza di coppia alla quale aveva “trascinato” la moglie…

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Most Beautiful Island

Luciana, una giovane donna immigrata a New York, si sforza di sbarcare il lunario mentre tenta di sfuggire al proprio passato. Come ogni giorno, affronta una serie di problematiche e imprevisti quando, prima che la sua giornata sia finita, si ritrova inavvertitamente protagonista di un crudele gioco in cui vengono messe a rischio delle vite per l’intrattenimento perverso di pochi privilegiati.

Spagna/USA 2017 – 1h 20′

 TORINO – Se c’è una soddisfazione che ancora sono in grado di fornire i festival del cinema, è di certo la sorpresa di entrare in una sala ed aprirsi alla visione di un’opera prima, in questo caso di una giovane attrice spagnola, la quale, con pochi mezzi e pochi soldi ma una solida idea, decide di portare sullo schermo una vicenda che l’ha direttamente coinvolta, pur con le debite distanze, nel momento in cui ha deciso di trasferirsi da Madrid e tentare la fortuna a New York.

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