Una donna vive sola con l’unico figlio, un giovane timido e asociale che trascorre il tempo chiuso in casa. Quando nella loro città viene commesso un omicidio, la polizia arresta il figlio della donna solamente perché è privo di alibi. L’avvocato della difesa non è in grado di provarne l’innocenza così toccherà alla madre indagare per contro proprio per scagionare l’amato figlio, scoprendo, tra le sue abituali frequentazioni, un mondo nascosto di intrighi e violenze… Un film che scardina convenzioni e regole per reinventare la realtà nello sguardo e nelle azioni di una donna che soffre si dispera, immersa cuore profondo (e selvaggio) della società coreana. Un ritratto di madre straziante, commosso e ambiguo.
Madeo
Corea del Sud 2009 (128′)
– Una donna avanza solitaria in un campo di grano. Si guarda attorno, come turbata, poi comincia a danzare al ritmo di una musica che le si insinua nella mente e che la magia del cinema le consente di condividere con noi. La ritroveremo, dopo oltre due ore di racconto, a danzare con grazia sbilenca su un autobus assieme ad altri viaggiatori, ma, sebbene stavolta la musica sia reale, la malinconica fissità di uno sguardo al limite della monomania ci farà temere che quel ballo inquieto possa d’un tratto tramutarsi in una sconnessa danza sul precipizio della follia..
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