Sumurun
Germania 1920 (90′)
Per via di quel gusto per la malizia fine ed elegante che innerva l’intera sua opera americana, François Truffaut ebbe a dire di Ernst Lubitsch che era un principe del cinema e, pensando a quegli interni altoborghesi, quelle schermaglie incravattate, quelle arguzie in punta di penna sempre a un passo da un cinismo mai crudele, non si può che convenire. Le esigenze del pubblico d’oltreoceano e i suoi insistiti perbenismi portarono il tedesco Lubitsch ad affinare in America le sottigliezze della propria tecnica cinematografica sino a raggiungere una grazia nella messa in scena senza precedenti. E, sebbene l’apice della sua opera vada ricercato nella seconda e ultima parte di carriera – con, tra gli altri, titoli quali Il ventaglio di Lady Windermere (1927), Mancia competente (1932), Partita a quattro (1933), Scrivimi fermo posta (1940), Vogliamo vivere (1942) e Il cielo può attendere (1943) – non mancano gioielli inusitati fra le prime prove di ispirazione tedesca, ove, lavorando in un contesto assai più incline alle sperimentazioni e a un gusto eccentrico di quanto non fossero gli Stati Uniti, poté dare libero sfogo alla propria inarrestabile fantasia, concependo, tra le altre, l’idea di un nobile disposto, pur di allontanare le ostinate pretendenti, a sposare un automa dai lineamenti muliebri e di una fanciulla pronta a fingersi marionetta per sedurlo. .