Dark Night

Tim Sutton


Una giornata come tante in una città americana dove si muovono adolescenti ossessionati dai cellulari, dai fucili e dai videogiochi, gruppi di auto aiuto, ragazzini sugli skateboards, un veterano di guerra. E una serata americana come tante, quando tutti vanno alla multisala per vedere un film molto atteso. Ma qualcuno ci va armato… Un fatto di cronaca che è l’iceberg di un incubo che l’America continua a rivivere, un film cupo, incalzante che evoca suggestioni e fotografa implacabilmente il vuoto da cui germinano alienazione e violenza.

 

 

 

USA 2016 – 1h 25”

In un lentissimo, disturbante, crescendo verso un atto di indicibile violenza (che però non ci mostra), la pellicola come un colpo di fucile d’assalto va al cuore della paura di tutti noi. Per arrivare alla strage del 2012 in un cinema di Aurora, Colorado, durante la proiezione di The Dark Knight (12 morti…), il regista firma il suo personale ‘j’accuse’ contro le armi «libere» in America, e filma l’inevitabile susseguirsi di eventi che, in una schizofrenica giornata di ordinaria follia, culmina nel massacro all’interno di una multisala. Un serial killer al (festival del) cinema.

Luigi Mascheroni – Il Giornale

È un occhio che apre il film, un occhio su cui si riflettono luci blue e rosse, luci che sembrano provenire da uno schermo e invece si rivelano quelle di una volante di polizia. Perché la catastrofe lentamente annunciata per tutto il corso di Dark Night si è consumata (?) proprio in un cinema, luogo che forse più incarna il limbo tra la vita e la morte dove i personaggi sullo schermo sono materia eterea, fantasmi. E come fantasmi si muovono i protagonisti di Dark Night, esistenze vuote e svuotate della periferia americana, storie banali nella loro eccezionalità che andranno tutte a convergere proprio in una sala cinematografica.
L’ultimo film di Tim Sutton, come già suggerisce il titolo, rimaneggia e riflette sulla strage di Aurora, in Colorado, in cui durante la proiezione di The Dark Knight – Il ritorno vennero uccise dodici persone da James Holmes. Le diverse storie che il film racconta sono immerse in un paesaggio vacuo, quasi desolato, in quella periferia americana dove il sogno sembra gradualmente trasformarsi in un incubo ricorrente. Una ragazza ossessionata dal corpo e dall’immagine, un ragazzo che ha commesso un crimine non ben definito, gli skater, una coppia che ha smesso di amarsi, quegli occhi azzurri del giovane che passeggia con un fucile in mano. È proprio il senso di vuoto che questo film ci trasmette, il vuoto come germe dell’alienazione e della violenza. Tim Sutton magistralmente medita e fa meditare su tale questione con echi che rimandano sicuramente al cinema di Gus Van Sant ma senza emulazione. Il suo è un lavoro delicato e potente, un crescendo di tensione e tragedia che, pur non mostrando mai la carneficina, diffonde il terrore. I dialoghi diventano secondari, quello che più incanta lo spettatore è accentuato dalla magistrale fotografia curata di Hélène Louvart e, paradossalmente, la sensazione di questo horror vacui perenne viene accarezzata dalle meravigliose musiche di Maica Armata che si ripetono come un dolcissimo leitmotiv.

Andreina Di Sanzo – mymovies.it

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