The Shrouds – Segreti sepolti

David Cronenberg

Inconsolabile per la morte della moglie, un uomo d’affari inventa una tecnologia rivoluzionaria quanto controversa che permette di monitorare i propri cari defunti avvolti nei sudari. Esplorando le implicazioni morali e filosofiche della sua scoperta arriverà a mettere in discussione le sue convinzioni sulla vita, sulla morte e sull’amore.


Les Linceuls
Canada/Francia 2024 (119′)
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      Sono due gli elementi fondamentali per inoltrarsi in quel cammino post mortem che David Cronenberg invita a fare con The Shrouds, passato l’anno scorso a Cannes. Il primo deriva ovviamente dalla poetica risaputa di questo grande regista canadese, tra i pochi capaci di sintonizzarsi da tempo sul tessuto cangiante della società ma soprattutto su quello dei corpi, così spesso martoriati da rimodulazioni e mutilazioni e comunque oggetti perlustrativi di un terreno infetto di confini tra carne e mente, patologia e desiderio, identità e tecnologia: la sua ricca filmografia parla chiaro. Avendo maneggiato a lungo tale materia contrastante nella sua forma vivente, era logico che Cronenberg arrivasse ora a interrogarsi su cosa succede dopo la morte e quindi alla possibilità di seguire, in modo voyeuristico, le fasi della decomposizione fisica. Non a caso in un corto del 2021, in piena pandemia, aveva già abbattuto questa soglia con un corto in cui veniva a contatto con il proprio cadavere (The Death of David Cronenberg). Per questo è nato il cimitero high-tech ideato da Karsh, regista e benestante da poco vedovo, che per restare a fianco della moglie morta per malattia, s’inventa la tecnica della GraveTech, cioè la possibilità di seguire in diretta, attraverso una telecamera inserita nella bara, le fasi della polverizzazione del corpo, riservandosi nella tomba a due piazze, la possibilità di aggiungersi accanto alla moglie al momento della propria morte. Il secondo elemento è la storia personale di Cronenberg, che al pari di Karsh, ha perso la moglie, anche lei per malattia, nel 2017 e che quindi si rispecchia in modo autobiografico nella storia, reso perfino palese dal protagonista del film: non è un caso che Vincent Cassel si riproponga, nel trucco cinematografico, come una “copia” fisica evidente dello stesso regista. In The Shrouds, che tradotto ci materializza i sudari, la prima parte, disturbante e affascinante come sempre in Cronenberg, è un ulteriore estremizzazione della sua estetica, con il disfacimento della carne e la polvere che avvolge tutto, fin dai bellissimi titoli di testa, a maggior ragione dopo la chirurgica operazione del suo precedente Crimes of the Future. Semmai ciò che inceppa un po’ il film è il ricorso a un’articolata e fin troppo complessa struttura narrativa, a cominciare dall’atto vandalico che distrugge gran parte dei sepolcri, vagando tra complottismi medici, intelligenze artificiali, hacker russi e smanie di dominio cinese, ipotesi di tradimento, salvando almeno il continuo desiderio del corpo (moglie e cognata, interpretate entrambe da Diane Kruger), il cui amplesso ci fa ricordare come la carne abbia il suo tempo limitato. Insomma: Cronenberg magari avvince meno di una volta, ma di sicuro non bara.

Adriano De Grandis – ilgazzettino.it

   Quanto vuoi spingerti nell’oscurità? È una domanda che Karsh pone nei primi minuti a una donna con cui è a pranzo, raccontando che accanto a quel ristorante di sua proprietà c’è un cimitero decisamente al di fuori dei canoni tradizionali. Il cibo e la morte sono un elemento ricorrente nel cinema di David Cronenberg, ma in questo film (che richiama nei titoli di testa il precedente Crimes of the Future del 2022) si vanno a innervare completamente con una profonda riflessione sentimentale, dal taglio mèlo, con possibili riferimenti a Inseparabili (1988) e M Butterfly (1993). Le connessioni con la filmografia del regista canadese sono molteplici – il complotto globale e paranoide de Il pasto nudo (1991) – ma qui (forse più che mai) si sente davvero che il protagonista è proprio lo stesso Cronenberg. The Shrouds è infatti una pellicola estremamente personale e collegabile alla morte della moglie del regista, Carolyn, scomparsa per un tumore nel 2017; Vincent Cassel è chiaramente un alter ego dell’autore canadese, un personaggio che funge da percorso di autoanalisi per il suo autore, tra malinconie e sensi di colpa. The Shrouds è senza dubbio un’opera funeraria, ma è anche e forse soprattutto un film sull’amore, sulla malattia e sul tentativo di superare i confini tra la vita e la morte come atto per oltrepassare un’elaborazione del lutto da cui è impossibile scappare. Cronenberg profetizza ancora una volta una “distopia possibile”, attraverso una riflessione non banale sull’intelligenza artificiale, sulla sua umanizzazione e i suoi pericoli, ma ancor di più su una applicazione che riflette la nostra ossessione contemporanea sempre più perversa di osservare, filmare e archiviare in digitale tutto quello che ci troviamo davanti agli occhi. Echi hitchcockiani (la cognata del protagonista parla proprio di un “effetto vertigo”) si annidano tra le ombre di un lungometraggio girato con la consueta maestria, estremamente parlato ai limiti del verboso come i più recenti titoli del regista, che porta con sé uno spessore filosofico ed esistenziale di grande profondità. L’indagine del personaggio principale si fa sempre più confusa, ma in un percorso dentro l’abisso oscuro che regna in ognuno di noi anche un pizzico di caos fa parte del gioco.

longtake.it

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