Pierre e Cléa sono una coppia che non ha figli. Ospitano in casa loro Belle, la figlia di un’amica di lei che frequenta il liceo dove lui insegna matematica. Un mattino la ragazza viene trovata strangolata. L’omicidio è avvenuto mentre in casa c’era solo Pierre e i sospetti iniziano ad addensarsi su di lui: sottoposto a pesanti interrogatori, ostracizzato da colleghi e studenti e bersaglio dei media invadenti, Pierre costruirà la sua difesa mantenendo un glaciale autocontrollo…
Belle
Francia 2024 (100′)


Jacquot deforma e declina il racconto di Simenon da psicologico hitchcockiano in sociologico chabroliano, conferendo al protagonista apatico e dimesso una dose massiccia di apparente ambiguità. Tante insistite semisoggettive di Pierre in automobile edificano dubbi morali e traiettorie narrative impossibili. Non manifestando emozioni, e non essendoci prove effettive, Pierre viene torchiato ma è davanti al giudice istruttore che si impone nel suo impenetrabile atteggiamento di vittima, uscendo pulito dall’indagine. E se Simenon si concentrava su ossessioni sessuali personali sopite e disordinate, Jacquot allarga lo spettro sul giudizio dell’altro, su come di riflesso arrivi lo stigma e lo sguardo del prossimo sul protagonista. Impressionante rimane la classica compattezza formale da raffinato cinema medio da produzione francese dove il realismo si macchia con le pieghe sinistre e sdrucite del noir. Tutto in Il caso Belle Steiner è credibile: dalle accuse degli investigatori alla difesa del protagonista, dai luoghi comuni su moleste e facile sessualità fino alle delicate dinamiche del desiderio tra uomo e donna. E il finale rimane sostanzialmente interpretabile. Come è interpretabile tutto ciò che non si può provare oltre la soggettività di chi nella finzione ricorda un dettaglio invece di un altro, e di chi nella volontarietà di mettere in scena una storia esibisce un dettaglio invece di un altro. Canet, come al solito, è un mostro di trattenuta glaciale bravura.
Davide Turrini – il fattoquotidiano.it
Un uomo dal comportamento – quasi – imperturbabile, che si professa innocente. Sebbene diversi suoi atteggiamenti siano ambigui. E il delitto di Belle mette anche in luce come il rapporto con la moglie Cléa (Charlotte Gainsbourg) non sia così tanto solido. Una relazione che ormai si regge su convenzioni borghesi, e la – necessaria – scappatella di Cléa lo dimostra. Tramite una narrazione nitida, Il caso Belle Steiner è un giallo che instilla fino alla fine il dubbio. Merito anche di alcune soluzioni registiche che lasciano ai bordi dell’inquadratura lo svelamento (ad esempio il barista incerto quando vede Pierre nel club), o la sovrapposizione tra realtà e desiderio (inteso come immaginazione) (…) E il finale non è da intendere come un happy-end, ma un ultimo beffardo indizio su come l’importante sia non gettare discredito nella comunità e che una stimata coppia non si sgretoli.
Roberto Baldassarre – cinecriticaweb.it
Il gioco è cinematograficamente riuscito e la scelta di Charlotte Gainsbourg nel ruolo di Cléa è funzionale alla creazione di un clima in cui fiducia e dubbio possono ambiguamente convivere. La stessa scelta di una donna (a differenza di quanto accadeva nel romanzo) nel ruolo del magistrato che interroga Pierre favorisce una lettura legata al potere di seduzione del protagonista che verrà utilizzata in favore di un’ulteriore complessità del plot. (…) A Simenon, nonostante le variazioni, questo film sarebbe piaciuto.
Giancarlo Zappoli – mymovies.it