Lirica Ucraina

Francesca Mannocchi

L’orrore e la devastazione provocati dalla guerra in Ucraina sono così grandi che bisogna abbandonare il reportage giornalistico per passare a quello cinematografico: lo sguardo di Francesca Mannocchi che non solo pone interrogativi etici fondamentali ma induce lo spettatore a riflettere sulla follia bellica, mettendolo a confronto con i racconti della gente comune.

Italia 2024 (90′)
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     Francesca Mannocchi giunge a Bucha due giorni dopo la liberazione dalle truppe russe che l’avevano occupata per 33 giorni. Documenta, senza risparmiare nulla alla vista, l’eccidio compiuto ai danni della cittadinanza. Avvicina le persone conquistandone la fiducia perché le lascia parlare di ciò che hanno vissuto e che ancora stanno vivendo senza interrompere i loro racconti. Ne esce un film carico di dolente compassione nei confronti di un’umanità provata ma non sottomessa (…) Il film inizia con un ragazzino che si aggira in una voragine prodotta da una bomba e la memoria cinefila va a un film di un russo che avrebbe saputo provare vera compassione nei confronti di Bucha invece che causarne il dolore. Il riferimento è ad Andrej Tarkovskij e alla sua opera prima L’infanzia di Ivan. Quella era un’altra guerra, la seconda mondiale, e una donna anziana che l’ha vissuta descrive ora cosa significhi per lei tornare a provare quelle stesse sensazioni. Allora erano i tedeschi ora sono i ‘liberatori’ russi (…) I luoghi, le parole e i suoni diventano qui gli elementi che, insieme, danno la misura della ferocia umana ma anche della capacità di resistere nonostante tutto. La donna che ripete di essere sopravvissuta insieme ai familiari non lo fa per sentirsi superiore a chi invece la vita l’ha perduta. In lei si sente il desiderio di far prevalere la vita sulla morte. Si avverte in tutto il film il bisogno di guardare alle persone, a coloro che lasciano le loro case così come a chi decide di restare perché quella è la sua terra.

Giancarlo Zappoli – mymovies.it

   L’orrore e la devastazione provocati dalla guerra in Ucraina sono così grandi che la parola scritta si rivela limitata nel descriverli. Per raccontare fino in fondo l’inferno ucraino bisogna abbandonare il reportage giornalistico per passare a quello cinematografico. Sono questa consapevolezza e questa necessità che devono aver spinto una grande cronista di guerra come Francesca Mannocchi a mettersi dietro la macchina da presa per girare Lirica ucraina. Ne è nato un documentario sconvolgente, che scaraventa lo spettatore in mezzo ai crateri di terra grigia scavati dalle bombe, ai cadaveri che giacciono solitari per strada, a stretto contatto con persone che cercano di descrivere il loro indescrivibile dolore (…) Va subito chiarito che Lirica ucraina, scritto da Francesca Mannocchi con Daniele Mustica, non è un reportage sulla guerra guerreggiata. Chi lo vede sente raramente un colpo di cannone e i soldati, sempre e solo ucraini, sono presenze sporadiche. Il film della Mannocchi è fatto soprattutto di silenzio. Il silenzio di morte che segue al passaggio dell’ondata devastatrice della guerra portata dai russi. Il silenzio delle macerie in cui si ritrovano mescolati i segni di una quotidianità sconvolta. Il silenzio dei corpi di persone uccise senza motivo nel cortile di casa. Il silenzio dei palazzi anneriti o deturpati dalle bombe e rimasti anche loro privi di vita. Il silenzio di un grigiore che pervade tutto. In mezzo a questo silenzio gli ucraini raggiunti da Francesca Mannocchi hanno trovato la forza per mettersi davanti a una telecamera e raccontare, cioè sussurrare (come suggerisce la traduzione inglese del titolo, Ukraine whispers), la loro terribile esperienza.

C’è la nonna che indica un punto di quel che rimane della casa e dice “qui ieri è stata uccisa mia nipote”. C’è un anziano signore costretto a vivere come un topo nel buio di una cantina, a lavarsi con l’acqua piovana e a rischiare la vita per non perdere la vista perché uscire alla luce del sole significa morire. C’è un uomo che, in un ammasso contorto di resti umani, dice di riconoscere due fratelli, suoi vicini di casa. E ci sono i bambini. Quello che scende nel cratere di terra che un tempo era il suo palazzo per recuperare orgoglioso un pezzo di bomba. Quelli piangenti o con l’espressione incredula stipati nei furgoni o nelle ambulanze perché gli ospedali sono stati distrutti. Non ci sono invece i soldati russi, solo evocati nelle parole terrorizzate dei superstiti come presenza minacciosa e bestiale (…) Anche grazie al commento musicale originale di Iosonouncane, Lirica ucraina è un’opera molto bella che riesce a raccontare la guerra senza reticenze e insieme senza retorica. È un film terribile e necessario. La sua visione è un gesto morale, un atto dovuto nei confronti di tutti coloro che sono costretti a vivere ogni giorno l’inferno descritto nel film.

Martino Scacciati – cinecittanews.it

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