Praticante di uno studio legale di Città del Messico di dubbia moralità professionale, Rita ambisce a costruirsi un futuro migliore. L’inaspettata svolta nella sua vita arriva quando è contattata dal temuto boss della droga locale Juan “Manitas” Del Monte, il quale ha sempre coltivato il sogno di diventare donna…
USA/Messico 2024 (130′)


Già sembrava azzardato voler raccontare in musical la storia di un boss della droga messicana, ma immaginare che quel boss da Manitas voglia diventare Emilia, con un vero cambio di sesso, poteva assomigliare a una scommessa impossibile. E invece Jacques Audiard ci è riuscito perfettamente, anche grazie alla bravura di Karla Sofía Gascón (già Carlos Gascón nella vita: è sempre lei che, barbuta e con una voce più grave, interpreta Manitas nelle prime scene) e di un cast che mette in prima fila le donne: l’avvocatessa Zoe Saldaña e la moglie (che si crede vedova) Selena Gomez. Con loro e con l’aiuto della musica di Camille e Clément Ducol e del coreografo Damiel Jalet, la regia sa sorprendere con numeri che non si “staccano” dalla narrazione ma usano la musica per dare ritmo ai dialoghi mentre i movimenti coreografici trasformano i corpi in scenografie viventi: in questo modo l’impressione è quella di un mondo intero che si anima al ritmo delle note e prende forza trasformando le battute in canzoni e le azioni in danze. Con un effetto sorprendente, che il cinema esalta e ingigantisce, e dà allo spettatore un’esperienza inedita e trascinante.
Paolo Mereghetti – iodonna.it
Folle, visionaria ed elettrizzante opera ultra pop che reinventa i codici di genere e spiazza lo spettatore nel suo fiammeggiante sguardo su temi delicatissimi, il decimo lungometraggio di Jacques Audiard non si adegua mai su convenzioni cinematografiche precostituite, con il chiaro intento di farsi portatore di un’idea di cinema all’insegna della totale libertà artistica, nonostante ogni aspetto sembri ossessivamente studiato a tavolino. Quello che poteva essere un racconto “sporco”, rigidamente inquadrato in una prospettiva dal basso, diventa un arrembante e lisergico viaggio nei generi cinematografici che forza la mano fino all’eccesso barocco. Lo spirito rivoluzionario e, per certi versi, anarchico del film è minato al suo interno dallo stile iper patinato attraverso cui Audiard decide di dare senso all’operazione, come se concettualmente volesse esaltare la superficie dell’immagine. Melodramma, gangster movie e musical, senza dimenticare il finale che sembra guardare alle telenovelas latine, si intrecciano continuamente in una performance glamour che guarda alla pubblicità, al mondo della moda e all’interior design di lusso… Il torvo mondo dei cartelli della droga messicani riesce a trovare un eccentrico punto di contatto con illuminanti riflessioni sull’identità di genere, in un continuo sovrapporsi di scenari-cartolina che sono pura finzione scenica. Pacchiana favola LGBTQIA+ o raffinata opera arthouse? (…) I tanti numeri di ballo non hanno volutamente la grandeur del musical classico, ed è una scelta più che azzeccata, grazie anche alle splendide e toccanti canzoni, dolorose e capaci di arrivare nel profondo di chi ascolta. Il classico film da prendere o lasciare, senza mezze misure…
longtake.it
Ambientato in Messico, Emilia Pérez è un film che piano piano sconfina in un thriller, a tinte gangster movie, ricco di canzoni originali, quasi come fossero state scritte da Lin-Manuel Miranda (regista e compositore), a cui aggiungere il tocco di Pedro Almodóvar, o magari quello di Raffaella Carrà. Nulla di grottesco o surreale, ma un escalation di emozioni, colpi di pallottole e scena, coreografie e musiche. Partiamo dal protagonista, un boss del cartello del narcotraffico messicano, si chiama Juan “Manitas” Del Monte. Tarchiato, potente e senza scrupoli, incute timore, è in grado di imporsi e ottenere sempre quello che vuole, sposato (con due figli) con Jessi-Jessica, interpretata in questo caso da Selena Gomez. La sua attenzione ad un certo punto ricade su un processo mediatico di un omicidio, là dove l’imputato sembra essere spacciato e condannato, visto le prove a suo carico, ed invece viene letteralmente salvato e assolto grazie da un abile e infelice avvocatessa, Rita (Zoe Saldaña,), impegnata da sempre a “difendere” personaggi del genere, oscuri, viscidi, criminali impetinenti. Decide dunque di rapirla, con un’offerta: accettare di lavorare per lui, supervisionando una missione molto particolare e ben pagata. Ovvero? Quella di trovare un medico in grado di operarla, per portare a compimento definitivo una transizione di genere, e diventare ciò che avrebbe voluto sempre diventare, una donna. Nessuna fuga dai nemici, ma semplicemente un desiderio di colmare la propria identità, lasciandosi dietro chi è, ricominciando da capo. E quando tutto va a compimento, fingendo poi la propria morte, ecco darsi un nuovo nome, Emilia Pérez appunto. La ritroviamo cinque anni dopo a Città del Messico, ormai trasformata, diventata attivista per una ONG di beneficenza, chiamata La Lucecita, paradossalmente impegnata a trovare i corpi-morti (i desaparecidos) scomparsi, anche per colpa del cartello, aiutando i parenti per la sepoltura. E tra di loro riscopre pure l’amore per una donna. L’unico rimorso: la mancanza dei figli, che però rincontra grazie a Rita, ormai amica e confidente, spacciandosi per una zia, insieme all’ex moglie. Il passato incombe, il presente non lascia scampo, ma forse c’è tempo per redimersi, e far pace con chi lo ama, o l’ha amato, e probabilmente non si è (mai) rassegnato alla sua perdita.
Jacques Audiard (Il profeta, Dheepan) è un regista che ama colpire nel cuore lo spettatore, non teme il confronto, semmai lo cerca, in maniera vivida, non provocatoria, sa che le storie che porta alla luce non sono incasellabili, vivono di luce propria. Come questa… Qui, l’essere profetico, meraviglioso e sognante, ha il nome di Emilia Pérez, e il volto dell’attrice spagnola transgender, Karla Sofia Gascon, eccezionale, insieme a Zoe Saldaña, incantevole nel canto e ball, come se fosse su un palcoscenico, come se fosse nata per fare solo quello. Sono loro le anime pulsanti di un gioiello non casuale (la casualità è il tema di una canzone) e rara bellezza, con una bella sorpresa (Selena Gomez) che sa sconfinare stereotipo (se ce ne sono), parlando di trasformazione e (della nostra) accettazione.
Andrea Giordano – vogue.it