Jérémie torna nel paesino in cui è cresciuto per partecipare al funerale del titolare della panetteria locale a cui era molto legato. Quando decide di fermarsi qualche giorno in più per stare vicino a Martine, la vedova del panettiere, non immagina che ben presto si troverà al centro di una serie di eventi del tutto inaspetta.
Miséricorde
Francia 2024 (102′)
CANNES 77°- Un certain regard: premio per la regia
Un film delicato, quasi gentile, con molta foresta rustica, anche se parla di un assassino e di abbondante omosessualità. L’autore è nel campo gay una celebrità, uno che si è preso il premio César come miglior regista per Lo sconosciuto del lago, che nel 2013 riempì le sale di coppie unite civilmente in cerca di brividi, e si è guadagnato la Queer palm oltre che il premio per la regia nella sezione Un certain regard a Cannes. Il film si intitola L’uomo nel bosco, in francese Miséricorde, il film migliore del 2024 per la rivista Cahiers du cinéma, parere condiviso dal Sindacato critici cinematografici italiani che ha motivato il premio con uno scritto quasi audace che comincia così: “Posizionandosi con elevato sarcasmo…”. Il regista dei due film è un bel sessantenne dai folti capelli grigi, Alain Guiraudie, e almeno in questo film, all’inizio, pare che non esistano maschi che preferiscano i maschi. Errore!
Il giovane Jérémie in macchina attraversa una lunga strada vuota e arriva nel paese dove è nato, uno strano paese perché nelle vecchie case non c’è quasi nessuno. Jérémie (Félix Kysyl) ferma la macchina davanti al negozio chiuso del panettiere suo ex padrone, nel frattempo morto, e sale sulle scale dove gli apre Catherine Frot, brava attrice piacente che non traveste i suoi anni. Lei è la moglie del defunto, un bell’uomo che Jérémie guarderà con rimpianto sull’albo di famiglia. Cosa abbia in testa con quell’aria timida forse non lo sa neppure lui, ordinato e civile, anche lui panettiere come l’uomo che è morto. A Catherine, la vedova, confessa che non ha mai avuto il coraggio di dire al defunto quanto era bello come appare nelle foto. Sarà forse per omosessualità nascosta che il figlio di lei, convinto che l’uomo si stia fermando al paese solo perché mira alla madre, prova a pestarlo ma, nella lotta tra i due nella foresta, Jérémie gli fracassa la testa con un pesante sasso e lui muore. Il giorno dopo, sul tavolo da cucina dove gli amici si riuniscono a mangiare si discute la scomparsa del ragazzo. Fuga? Incidente? Il timido assassino Jérémie, ovviamente, non intende rivelarsi. Lui è l’estraneo che viene da lontano, da Tolosa, e porta avventatezza con quell’aria per bene. Di lui si innamorano: il parroco del paese, l’amico grasso che lo vuole dopo averlo cacciato, tutti, senza raggiungerlo. Anche Catherine. Le notti sono completamente buie e lui dorme nudo. C’è un gran traffico, perché nel paese tutti hanno le chiavi di casa sua, compreso un gendarme. E tutti sanno chi è l’assassino. Miséricorde è ciò che serve al parroco per andare a prendere il corpo sotto terra e portarlo al cimitero. La notte è intensa, si sentono le voci. Catherine è nel letto mentre Jérémie indossa il pigiama del defunto: “Posso dormire con te?” “Forse è un po’ presto…”. Il buio continua.
Natalia Aspesi – repubblica.it
Quando c’è di mezzo Alain Guiraudie non si può dare niente per scontato: il registra francese l’aveva già dimostrato nei suoi film precedenti, da Lo sconosciuto del lago (2013) a L’innamorato, l’arabo e e la passeggiatrice (2022), solo per citarne un paio. Quello che sembra ancora una volta un soggetto semplice e lineare, si rivela molto presto un complesso gioco surreale, supportato da continue e imprevedibili svolte narrative, nate da basi drammaturgiche impossibili da incasellare. Siamo vicini ai toni di una commedia nera à la Chabrol in questo lungometraggio, ma Guiraudie spinge ancor di più sul versante dell’ironia, all’insegna di una totale assenza di credibilità generale, sia nei colpi di scena messi in campo, sia nella caratterizzazione dei personaggi. Il gioco ha momenti affaticati e la parte centrale ha passaggi macchinosi, ma se si sta alle regole ci si diverte e ci si trova davanti una pellicola intelligente e sovversiva, capace di parlare di rapporti umani in maniera decisamente curiosa e interessante. Il bosco – dove si cercano porcini e si trovano spugnole – diventa un luogo di passaggio, ma anche di crescita all’interno di questa sorta di fiaba oscura, in cui si mescolano violenze e desideri di ogni sorta, tanto sessuali quanto dettati dal cercare un proprio posto nel mondo contemporaneo.
longtake.it
L’uomo nel bosco si è imposto all’attenzione della critica internazionale alla fine del 2024, quando è stato eletto film dell’anno dai Cahiers du Cinéma… È è davvero un gran film, che non può e non va interpretato alla luce degli allori che riceve, ma ovviamente in se stesso. Perché basta a se stesso, e vedere cosa c’è dentro restituisce automaticamente la sua potenza (…) Da una parte Jérémie è una figura teoremica, come il Visitatore in Pasolini, un uomo senza presente e senza legami (non ha figli e si sta lasciando con la compagna), un angelo del disturbo che torna nel microcosmo e lo sovverte; dall’altra egli si cala nell’intrigo della provincia francese alla maniera di Chabrol, un paragone che però il regista rifiuta (“La sua vena canzonatoria mi mette a disagio”), insistendo piuttosto sull’idea di misericordia. Bisogna quindi tornare al titolo originale per intravedere il senso: miséricorde è la necessità di comprendere l’altro nelle sue asperità e imperfezioni, ma non va inteso come concetto retorico bensì come prassi concreta, materica, gettata nel fango dell’esistenza. Ecco allora che Jérémie ci prova con tutti e tutti ci provano con lui, compreso il magnifico personaggio del curato che rovescia radicalmente la morale consolidata: bisogna davvero punire chi uccide? A cosa serve in ultima istanza? Possono le regole scandire la vita? Alain Guiraudie, regista dell’imprevisto e dello spiazzamento, dopo Lo sconosciuto del lago trova un altro luogo di sospensione, un bosco, una selva in cui si dissolve ogni etica e spunta come un fungo una nuova ipotesi di vivere la vita. Senza troppe pippe mentali, però, e senza trovarci quello che c’è, L’uomo nel bosco è uno dei film più imprevedibili degli ultimi anni: quando pensi che stia andando in una direzione improvvisamente cambia strada, sguscia come un serpente, si rivolta. A un certo punto diventa davvero impossibile indovinare cosa avverrà nella scena successiva. Un film sul mistero buffo del desiderio, e il termine noir è riduttivo: davanti a un tale congegno la gabbia va aperta e Miséricorde va fatto respirare, perché il suo passo è quello della libertà espressiva.
Emanuele Di Nicola – nocturno.it
«Posizionandosi con elevato sarcasmo tra noir e commedia sociale, Guiraudie si conferma narratore stratificato descrivendo una realtà di provincia paradossale con uno sguardo irriverente verso una normalità placida, identificando il suo giovane protagonista come la variante destabilizzante di ogni azione».