La nostra terra

Hugh Welchman, DK Welchman

Nella campagna polacca di fine ‘800 Jagna, una giovan e bella contadina, è costretta a sposare Boryba, un ricco vedovo molto più vecchio di lei, sebbene sia in realtà innamorata di suo figlio Antek. Con il tempo Jagna diventa oggetto di invidia e odio da parte degli abitanti del villaggio, ritrovandosi a dover combattere da sola contro tutti in nome dell’amore e della sua libertà.

Chłopi – The Peasants
Polonia/Serbia/Lituania 2023 (114′) 

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  A cento anni dalla vittoria del premio Nobel, Dk Walchman e Hugh Welchman portano nelle sale il film d’animazione Our Land – La nostra terra, tratto da Chłopi (The peasants), il romanzo capolavoro dello scrittore polacco Władysław Reymont. Un film d’animazione che combina opere a olio con le attuali tecniche cinematografiche. Particolare modalità, già adoperata dalla coppia di autori candidati dalla Polonia agli Oscar nel 2018 per Loving Vincent. Our Land è un’opera d’arte per immagini che parla di diritti delle donne ai più giovani raccontando una storia di coraggio ed emancipazione femminile che, ambientata in un villaggio polacco di fine Ottocento, ruota intorno alla protagonista Jagna, in cui la regista, DK Welchman, afferma di essersi riconosciuta.

Ludovica Palmieri – artribune.com

  Dopo il pluripremiato Loving Vincent. gli autori replicano con altrettanta efficacia tecnica e di scrittura il modus operandi che ha portato al successo di critica e pubblico la pellicola precedente. Stavolta l’attenzione dei coniugi Welchman è rivolta a un’altra tormentata esistenza, quella della protagonista dell’omonimo romanzo del 1924 firmato dallo scrittore Władysław Reymont, vincitore del Premio Nobel nel 1924 e tradotto in ventisette lingue. Si tratta di Jagna, una bella e ingenua contadina, probabilmente ispirata a una figura realmente esistita, sottomessa al patriarcato della Polonia rurale e non solo di fine Ottocento, che è costretta a sposare Boryna, un ricco vedovo molto più vecchio di lei. La ragazza però è innamorata di Antek, il figlio del marito. Al centro dell’invidia e della fame di pettegolezzo del villaggio, Jagna è presa di mira dall’intera popolazione, dovendosi difendere tra gli altri dal Sindaco Piotr, moralista e lascivo, da sua moglie sempre pronta a lanciare frecciate cariche d’odio e dall’altezzoso organista della chiesa del villaggio.

La giovane donna dovrà dunque combattere da sola contro tutti e tutto in nome dell’amore e della sua libertà. Cinematograficamente parlando sembra di rivivere, seguendo ben altre traiettorie drammaturgiche e un diverso approccio tecnico, l’incubo ad occhi aperti della Grace di Dogville. Come lei anche la Jagna si trova suo malgrado ad essere un corpo estraneo destinato a diventare un oggetto del desiderio e del disprezzo della gente che popola l’ostile topografia in cui vive. Destino il loro che condividono con innumerevoli donne appartenute a differenti epoche le cui vicende sono transitate sul grande e piccolo schermo, ma che trovano drammatiche corrispondenze nella vita reale di ieri e di oggi. Ciò fa dell’odissea nell’odio e del pregiudizio della protagonista di La nostra terra una storia ancora tristemente attuale, nella quale una donna è chiamata ad affrontare una dura battaglia in nome dei propri diritti e dell’emancipazione femminile. Il film infatti offre un’interessante immersione nella società rurale dell’epoca, senza ignorare alcuni aspetti più sconvolgenti, come la violenza sessuale sulle donne e i matrimoni combinati in una società in cui la disparità tra poveri e ricchi era abissale. Per raccontarla i Welchman rimettono mano senza stravolgerle alle pagine del libro di Reymont, adattandole al formato cinematografico. Narrano con un sali e scendi di temperatura emotiva (che trova il suo apice in un potentissimo epilogo) e una partecipazione cangiante in termini di distanza dal personaggio principale le sue vicissitudini sentimentali e sociali, trovando spazio nel corso delle quattro stagioni che fungono da arco narrativo ai capitoli brevi di un doloroso romanzo di formazione.

Il tutto viene ricreato con la stessa tecnica di Loving Vincent, combinando le opere a olio degli artisti polacchi di fine XIX e inizio XX secolo con quelle attuali di animazione. Il risultato è una nuova opera d’arte in movimento narrata con i tempi e l’afflato di un romanzo classico. A caratterizzarla è una grandissima confezione pittorica che ha come base il live action, con riprese di riferimento effettuate con noti attori polacchi (su tutte la straordinaria e intensa interpretazione di Kamila Urzedowska nei panni di Jagna) in luoghi reali e una successiva, sofisticata tecnica di animazione realizzata a mano da esperti artisti internazionali. Ogni singolo fotogramma diventa di fatto un quadro nel senso letterale del termine, con una capacità impattante estetico-formale mai fine a se stessa, che cattura e resta impressa nella retina del fruitore di turno. Quest’ultimo attraverso la visione di La nostra terra potrà assistere contemporaneamente a un’esperienza cinematografica al buio di una sala e a una mostra d’arte come se si trovasse in una galleria.

Francesco Del Grosso – cineclandestino.it

  Per ben comprendere l’innovativa esperienza visiva, bisogna accennare alla formazione artistica della regista polacca Dorota Kobiela Welchman, che prima di passare al campo cinematografico e dedicarsi al cinema d’animazione è stata artista figurativa. È un suo merito essere quindi riuscita a mantenere uniforme l’alta qualità delle tavole a olio, nonostante l’enorme sinergia di mani e artisti impiegati nel progetto. Inoltre, si è fatto un ottimo uso del rotoscopio – ossia una tradizionale tecnica di animazione che utilizza i movimenti di figure reali e le trasforma in animazione, oggi modernizzata grazie al computer – lo stesso metodo di lavorazione di Loving Vincent per realizzare questo laborioso progetto che narra l’epopea della famiglia Buryna. In pratica più di cento artisti (fra gli altri anche alcuni ucraini), autori di quasi 40.000 tavole dipinte a olio, hanno collaborato per quattro anni e mezzo all’intero progetto. In pratica sono servite una media di sei tavole per ogni secondo di film. A differenza del film su Van Gogh, però, dove i protagonisti rimanevano bloccati sullo sfondo bidimensionale della tela, qui, in La nostra terra, i paesaggi e gli ambienti si arricchiscono di ampia profondità grazie ai movimenti della mdp. In particolare, le scene di gruppo, delle feste e delle danze, spiccano sulle altre per il dinamismo e il forte coinvolgimento emotivo. A creare un’atmosfera arcaica e corale, ma allo stesso tempo moderna, contribuiscono inoltre le melodie balcaniche dell’artista rapper Łukasz “L.U.C.” Rostkowski, nella sua prima, e perfettamente risolta, composizione musicale per film.

Cinzia Cattin – close-up.info

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