Chien de la casse

Jean-Baptiste Durand

Dog e Miralès, due inseparabili amici d’infanzia, vivono in un piccolo villaggio del Sud della Francia, girovagando per le vie del borgo. Mirales esagera talvolta nel prendere in giro Dog, ma quando in paese arriva Elsa con la quale Dog vive una storia d’amore, il rapporto d’amicizia ha una svolta e ognuno si troverà a fare i conti con se stesso e a riconsiderare la propria identità.

film edito solo in Versione Originale Sottotitolata
Francia 2023 (93′)
premio CÉSAR 2024 – miglior film d’esordio e miglior attore esordiente

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   Chien de la casse racconta dell’amicizia tra due ragazzi, immersi in una sonnacchiosa vita di provincia pericolosamente priva di prospettive, nel sud della Francia. I due protagonisti Mirales, interpretato da Raphaël Quenard, (Yannick) e Dog, interpretato da Anthony Bajon (La Prière) sono amici d’infanzia, passano le giornate tutte uguali bighellonando nella desolata cittadina e perseguendo le solite poche abitudini: l’incontro in piazza con gli amici, due chiacchiere con l’anziano giocatore incallito Bernard, l’addestramento di Malabar, il pitbull di Mirales. Tra i due sussiste una dinamica disfunzionale di amicizia, in cui l’introverso e sommesso Dog subisce le angherie di Mirales, apparentemente più sicuro di sé ed esperto nelle cose della vita. Seppure agli occhi dello spettatore il comportamento incostante di Mirales risulti irritante, i due sembrano aver trovato una distorta armonia. L’arrivo di Elsa, Galatea Bellugi (Amanda), un’estranea con cui Dog inizia subito una relazione, rompe questo equilibrio scatenando insofferenze e gelosie. Jean-Baptiste Durand sceglie un modo di raccontare diretto, semplice al limite della destrutturazione: non approfondisce alcun personaggio secondario, non si sofferma su comode spiegazioni, nasconde la causalità delle sue scelte narrative in casualità filmica. Il risultato è che per tutta la durata del film sembra di vedere non un artificio in cui le decisioni le ha prese il “dio” autore, ma la vita così com’è. Almeno la vita di chi galleggia in un contesto così inconsistente da essere disarmante. E il contesto di riferimento acquista particolare importanza proprio per riuscire ad accettare una narrazione così povera che trova le sue motivazioni proprio nel microcosmo in cui è immersa.La sensazione è che, data la complessità nella natura stessa delle tematiche, il regista abbia scelto la direzione opposta per darci in mano la vita di Mirales e Dog, quella del realismo che rinuncia alla maggior parte di quei codici di comportamento nei confronti del pubblico, la progressione degli eventi nel modo più “corretto” possibile per la giusta emozione: Jean-Baptiste Durand ci fa vedere un film in cui quest’illusione non c’è…

Giulia Rossi – sentieriselvaggi.it

   Un rapporto d’amicizia (…) basato su un bisogno reciproco che ha molto a che fare con l’affermazione della propria identità maschile: ognuno è lo specchio (deformante) dell’altro, e quando uno dei due si allontana dalla relazione, l’altro non riesce più a vedere riconfermata la propria immagine virile, rassicurante nella sua prevedibilità. Oltretutto i due aspetti della mascolinità rappresentati da Chien de la casse sono davvero archetipici: Antoine è il miles gloriosus, Damien il parassita. Ma la metafora dominante, a cominciare dal titolo, resta quella cinofila, e Malabar è il terzo vertice di un triangolo degno di un’area cani più che di un paesino occitano. Chi la spunterà, chi soccomberà e chi riuscirà a scappare dal recinto? Senza grandi voli pindarici ma con un’adesione totale ai suoi personaggi e ad un ambiente che evidentemente conosce molto bene, Durand racconta con calma la sua storia, lasciando ad Antoine tutto lo spazio per giganteggiare alla Gassman de Il sorpasso e a Damien quello di manifestare attraverso minime espressioni del viso il proprio dolore nel subire da sempre le prevaricazioni dell’amico. Il vero dramma sta nel fatto che questi due ragazzi si vogliono bene sul serio, e hanno legato a doppio filo le proprie esistenze perché in certe piccole comunità la mancanza di alternative crea relazioni blindate. Dunque la tristezza che si legge nello sguardo di Dog non è solo quella del cane bastonato, ma anche quella dei giovani che nella provincia non hanno opportunità di dimostrare né chi sono né, eventualmente, quanto valgono.

Paola Casella – mymovies.it

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